Un’esplosione dolosa fece crollare la casa Morto il responsabile, inchiesta archiviata
Francesco Fain
Era una piacevole nottata d’estate, giovedì 20 giugno 2019. Appena scoccate le 3.55, un botto squassò la città. Quella notte, a Gorizia, la ricordano ancora in tanti. Nitidamente. Quando, a causa di una fuga di gas, si accartocciò con irrisoria facilità una palazzina di tre piani, causando la morte di tre persone: Sabina Trapani, Miha Ursic e Fabrizio Facchettin. In molte vie della città si udì un frastuono che diede quasi istantaneamente la misura che qualcosa di terribile era successo. Sono passati i mesi e le macerie sono ancora lì, a ricordo quasi indelebile dell’immane tragedia.
Oggi arriva la notizia, confermata dal procuratore capo Massimo Lia, della «richiesta di archiviazione del procedimento per intervenuta morte del reo». Le accurate perizie tecniche hanno, infatti, evidenziato come la responsabilità dell’esplosione è “ascrivibile” alla condotta deliberata di Fabrizio Facchettin, vittima di sofferenze psichiche e in cura al Dipartimento di salute mentale. Del resto, l’ipotesi del suicidio, la più difficile da digerire, incomprensibile ai più, era stata quella su cui erano sembrati convergere, sin dalla prima ora, tutti gli elementi, tutte le indagini. I vigili del fuoco si accorsero, quasi nell’immediato, di un’inquietante anomalia: le tubature del gas apparivano tranciate di netto.
A entrare maggiormente nel dettaglio è Luigino Mior, l’avvocato di Portogruaro che segue la famiglia Trapani. Svela anche un particolare. Che aggiunge un’amara beffa all’atroce danno: la tragedia smisurata di aver perso una figlia e una sorella. «È stata notificata la richiesta di archiviazione per il procedimento, visto che è intervenuta la morte del colpevole. Le relazioni peritali, fra cui quella dell’esperto Venturini, evidenziano come la causa della morte di tutti e tre sia da attribuirsi ad un atto volontario, per aver fatto sì che l’intero stabile venisse invaso dal gas. L’attività di innesco – aggiunge Mior – può essere stata la più varia, ma il quadro è delineato con pressoché assoluta certezza. Tant’è che nessuno ha fatto opposizione alla decisione. Va detto che l’archiviazione, formalmente, ancora non c’è, ma si tratta solo di tempo».
Non è un mistero, spiega ancora l’avvocato, che Facchettin fosse «in condizioni psicologiche, per non dire psichiatriche, notevolmente compromesse. Qualche sua condotta, diciamo così “sopra le righe”, era stata anche segnalata dalla Trapani e dal suo compagno. Avevano evidenziato di aver sentito più volte provenire dall’appartamento di Facchettin urla strazianti e richieste di aiuto».
In tutta questa situazione ardua per non dire impossibile da sopportare, si materializza la beffa. «Ora – racconta Mior – gli eredi della congiunta morta nell’esplosione sono stati invitati dalla pubblica amministrazione a mettere in sicurezza la zona, a proprie spese». In viale XX Settembre continua ad esserci un cumulo di macerie e anche il passaggio pedonale (il marciapiedi) non è utilizzabile, ormai dal giorno della devastante esplosione. «Oltre al danno, una tragedia enorme, si materializza appunto anche la beffa. Capisco che si tratta di un atto dovuto visto come si sono messe le cose. Ma, proprio per questo, siamo qui a chiedere un atto di pietas da parte del sindaco», conclude il legale di Portogruaro. «Hanno perso una figlia, hanno perso una sorella e questa richiesta è come un pugno dello stomaco, al di là anche dell’impegno economico che un intervento simile richiede». –
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