Unione istriani in lutto. Morta Graziella Gianolla, testimone delle foibe

TRIESTE L’Unione degli istriani è in lutto: si è spenta ieri Graziella Gianolla, classe 1935, storica socia del sodalizio degli esuli. Gianolla, figlia di un membro della Milizia di Salò durante l’occupazione nazista della Venezia Giulia, vide i genitori e famigliari venir giustiziati dai partigiani jugoslavi. Commenta l’Unione degli istriani nel suo post su Facebook: «Con lei si spegne la testimonianza diretta di uno degli episodi più efferati dell’odio slavo comunista nei confronti degli italiani dell’Istria».
L’Ui riporta poi la testimonianza diretta di Gianolla: «Mio padre era nella Milizia e sono venuti a prenderlo il 31 gennaio 1944. Ricordo una decina di partigiani che mi hanno obbligato ad aprire il negozio per portar via quello che trovavano. Le ultime parole di papà furono: “Stai tranquilla e chiudi la porta. Tornerò presto”». Fu invece ucciso assieme allo zio podestà. Nei mesi successivi anche la madre fu portata via e uccisa. Graziella, nove anni, fu quindi presa dai partigiani che la tennero con sé, insegnandole la loro lingua (Raccontava: «Mi ordinarono di non dire più una sola parola in italiano, ma non conoscevo lo slavo. Per chiedere un po’ di pane sbagliavo termine e allora mi riempivano di ceffoni. Ho imparato la loro lingua a suon di sberle»), per affidarla infine a una famiglia di contadini. Alla fine della guerra, scrive l’Unione, «viene costretta ad applaudire al passaggio delle colonne di prigionieri tedeschi, molti dei quali saranno massacrati, e a gridare “Zivijo Tito!”». Viene infine recuperata dal fratello Alfeo, che si era arruolato nelle forze jugoslave per cercarla. Nel 1954 Graziella, Alfeo e la quasi totalità degli italiani di Momiano scappano verso Trieste, dove si ricostruiscono una vita segnati per sempre dalla tragedia dell’Istria. «Oggi non provo più odio - diceva Graziella - ci sono voluti sessant'anni per fare un primo film sulle foibe e mi rendo conto che e ora di voltare pagina, ma perdonare sarà impossibile». —
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