Università, a Trieste 233 professori in meno in dieci anni

Quasi un quarto di docenti in meno rispetto al 2001: dai 1005 agli attuali 772. «Quest’anno abbiamo avuto una forte quota di pensionamenti», spiega il rettore Francesco Peroni. L’immediato paragone è con Udine, dove i docenti sono aumentati di 88 unità
Francesco Peroni
Francesco Peroni
TRIESTE
In dieci anni l’università di Trieste ha perso quasi un quarto del suo corpo docente, passando dai 1005 professori di varia fascia del 2001 agli attuali 772. Sono usciti in 233, e soprattutto a partire dal 2007-2008, in precedenza l’organico oscillava oltre le 900 unità. Uno smagrimento obbligato (per scendere sotto il 90% di spesa per gli stipendi sul totale del finanziamento), che ha avuto un’accelerata molto forte anche in questo autunno, e che forse non ha pari in altri atenei, almeno in quelli più vicini. L’immediato paragone è con Udine, dove le cifre dicono tutt’altro: i docenti qui nel medesimo periodo sono aumentati, e non di poco, passando da 626 a 714 (+88). Sono cresciute anche Verona (di 152 unità), Trento (154) e Siena (45), stabili i colossi Padova e Bologna ben al di sopra dei 2000 professori ciascuna.


«Quest’anno abbiamo avuto una forte quota di pensionamenti - spiega il rettore Francesco Peroni -, la percentuale più alta di questa fase storica, e i flussi non sono esattamente prevedibili». Ma questo ateneo ha negato ai docenti l’opzione di poter insegnare fino ai 72 anni, vincendo anche cause che hanno riconosciuto prevalente l’interesse collettivo (risparmio) su quello individuale. E infatti dal 2008 hanno smesso d’insegnare ben 107 docenti, di cui 39 dallo scorso anno.


Da qui anche le crisi di funzionamento per alcune facoltà di fronte alla ben mirata protesta dei ricercatori per il rispetto dello stato giuridico che non prevede totale impegno in cattedra. Da qui anche la messa in comune con Udine di corsi della facoltà di Lettere, una di quelle più penalizzate. Lettere ha lasciato sul campo oltre un terzo di docenti: da 116 a 73, cioé oggi lavora con 43 in meno ma i numeri per tener saldi i parametri in certi settori sono venuti a mancare.


Molte altre facoltà del resto hanno perso attorno a un terzo di «cervelli» anche se gli studenti in questi anni sono rimasti in numero stabile. Giurisprudenza è magrissima: passata da 46 professori a soli 29 (calo di 17), Scienze in dieci anni è riuscita a fare a meno di ben 48, passando da 209 a 161 e confermandosi comunque, con questi numeri, ancora oggi la più dotata, ma riunisce in sè matematica, fisica e scienze naturali. Vistosa discesa anche a Ingegneria: da 152 a 111 (meno 41 professori), mentre l’unica fra le dodici facoltà triestine a tener duro nel decennio è stata Psicologia, peraltro ascetica: 21 professori inalterati. Una sola eccezione in questo quadro vigorosamente calante. E si chiama Architettura.


La storia di questa giovane facoltà è però tutta particolare, perché nel 2000 aveva la minuzia di 9 docenti, è salita a 12 nel 2001, anno qui preso a paragone, e oggi è la sola ad aver rimpolpato le cattedre. Ha raggiunto, con 5 professori in più, quota 17. Solo che nel frattempo ha trasferito la laurea triennale a Gorizia, e non è detto che il biennio magistrale resti a Trieste per sempre.


Spicca infine, tra Medicina che ha lasciato sul campo 25 medici-docenti (passando da 162 a 137), ed Economia che è andata da 73 a 62, il destino della Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori: in 10 anni ha quasi dimezzato l’organico. Aveva 62 docenti nel 2000, 57 nel 2001, e ora ne accoglie solo 34, con un calo di 28 rispetto al periodo più ricco.

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