Un’odissea di tre anni dall’incidente frontale fra le due vetture

Fra un paio di mesi scoccheranno i tre anni da quel 16 agosto dell’ormai lontano 2016. Si tratta del giorno fatidico in cui le vetture 404 e 405 del tram di Opicina si schiantarono frontalmente all’altezza di Conconello.
Un sinistro che comportò nove feriti e un sacco di danni alle due vetture. A questi va aggiunta la lunga trafila giudiziaria, ancora in corso, volta a stabilire le responsabilità dell’incidente che ha privato Trieste di uno dei suoi simboli.
L’infortunio subito dalla popolare vettura biancoblu ha segnato l’inizio di una vera e propria odissea burocratica. Il Comune, come spiegato negli altri articoli pubblicati in questa pagina, conta di porvi fine nel febbraio del 2020, dunque fra otto mesi.
L’incidente, qualunque siano le sue ragioni, ha infatti dato all’organo competente del Ministero dei trasporti, l’ormai celebre Ustif (acronimo che sta per Ufficio speciale trasporti a impianti fissi), l’occasione adatta per privare la linea dell’operatività ed esigere una sua rimessa a norma definitiva.
In fondo il tram fa su e giù da Scorcola dai tempi dell’impero austroungarico, ed è stato soggetto a innumerevoli interventi di recupero nel corso del tempo, complice anche la sequela continua di incidenti che l’hanno interessato. Di fatto, però, la linea non è mai stata ammodernata in modo significativo e ha mantenuto ampia parte del suo antico impianto. Anche per questa ragione l’Ustif ha imposto al Comune una serie di interventi vincolanti per ottenere il nuovo via libera alla linea.
Quelle indicazioni, si sa, hanno suscitato la riprovazione del sindaco Roberto Dipiazza: questi ha sempre criticato l’Ustif per la scelta di considerare il tram di Opicina una vera e propria infrastruttura ferroviaria, mentre per il primo cittadino «non lo si può paragonare a un Frecciarossa». —
G. Tom.
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