Vestiti firmati ma falsi Condannati i negozianti
di Claudio Erné
Armani, Cavalli, Blauer, Moncler, Gucci, Belstaff, NorthSail, Fred Perry, Hogan, Hilfiger, Burberry’s.
Se leggete questi undici nomi con la cadenza dei radiocronisti del tempo che fu, più di un ascoltatore potrebbe credere di trovarsi al cospetto di una squadra di calcio. O meglio di una formazione schierata in campo e pronta a iniziare la partita.
Invece gli undici “marchi” qui elencati rappresentano l’etichetta di altrettanti prodotti che Adriano Markezic e sua moglie Teresa Varesano hanno messo in vendita nei loro negozi di piazza Ponterosso e via Filzi. L’insegna era quella di “Barbarossa” e il nome degli undici marchi è stato contraffatto. Lo hanno detto le perizie ma ora anche la sentenza pronunciata dal presidente del gip Raffaele Morvay.
Adriano Markezic, titolare della “Bsa srl” e della “Barbarossa srl”, più volte assurto alla ribalta della cronaca non solo cittadina, è stato condannato con rito abbreviato a un anno e sei mesi di carcere che potrà però scontare in semidentenzione. Libero di giorno, costretto in cella la notte.
A sua moglie, che gestiva i due negozi, il presidente Morvay ha inflitto invece un anno di carcere con la condizionale. Erano accusati di ricettazione e uso di marchi falsi.
Il terzo imputato del processo, Luciano Losi, originario di Modena, è stato invece rinviato a giudizio e sarà processato in aula nel prossimo autunno.
Tra le aziende danneggiate dall’uso contraffatto del proprio marchio, si è costituita in giudizio la sola Gucci che ha chiesto con adeguato risarcimento. Ma la società dovrà attendere l’esito del procedimento civile per ottenere quanto ritiene le spetti.
L’inchiesta era nata per caso due anni fa. Un investigatore della Guardia di finanza in servizio al Nucleo della Procura della Repubblica era entrato nel negozio di via Filzi, attratto dal prezzo più che favorevole di un paio di jeans su cui era apposta una prestigiosa etichetta.
La confezione era perfetta, la qualità molto elevata e ben diversa dai capi contraffatti esposti in tante bancarelle del nostro Paese. Per soddisfare la propria curiosità l’investigatore ha proseguito gli accertamenti perché il prezzo molto allettante non corrispondeva minimamente a quello chiestogli in altri negozi cittadini per un analogo paio di jeans: poi ha riferito al pm Federico Frezza.
In breve è emerso che il laboratorio di produzione era ospitato a Carpi, in provincia di Modena, mentre la commercializzazione avveniva in un atelier del bergamasco. Infine è scattata la perquisizione nei due negozi triestini. In totale tra laboratori e punti vendita sono stati sequestrati diecimila capi falsamente griffati che costituiscono la prova evidente dell’esistenza di un fiorente mercato parallelo a quello ufficiale. Un mercato che si beffa delle regole e che usa a proprio piacimento le ricerche effettuate e pagate da altri.
Per Adriano Markezic, che molti ricordano da giovane quando tutti lo chiamano “La bionda” richiamandosi al colore dei capelli che ora se ne sono andati per sempre, il pm Federico Frezza aveva chiesto un anno e sei mesi di carcere. Senza alcun beneficio.
Al contrario il difensore, l’avvocato Giulio Quarantotto, ha proposto un beneficio raramente applicato: quello della semidetenzione. E il giudice ha accolto la proposta. «Ricorrerò in appello», ha affermato il rappresentante dell’accusa.
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