Via Cumano, a Trieste il museo nasce nel deserto

La strada è lunga lunga, vuota e silenziosa. La imbocca chi ci abita, magari in qualche villetta fiorita. L’ultimo pezzo va verso il nulla. Una volta c’era la caserma, e adesso gli ultimi operai stanno asfaltando almeno il quadrato di piazzale interno della parte ristrutturata che porterà i visitatori all’ingresso del Museo della pace e della guerra Diego de Henriquez che si inaugura il 28 giugno. Ma si animerà, per l’eventuale entusiasmo che possono suscitare enormi armamenti e mezzi militari in mostra, questa zona di città a suo tempo identificata solo per la sede dell’Aci nella parte iniziale, il cui palazzetto chiuso da anni è lì abbandonato e pure con tutte le finestre aperte? Dove a pochi passi c’è non solo l’Ippodromo (in crisi) ma l’enorme comprensorio della Fiera altrettanto chiuso, e poco più in là va a pezzi l’ex fabbrica Sadoch? È una strada che può accendersi di nuove attività e comodità? E dove? E come?
Questo dice via Costantino Cumano, intitolata al medico-politico antiaustriaco e combattente nelle guerre d’Indipendenza, amico di Massimiliano d’Asburgo. Luogo di comodo parcheggio gratuito per residenti, ma anche per le roulotte, via Cumano (salendo) ha il marciapiede sinistro ben percorribile, e anche segnato dai percosi “Pedibus”, e il destro tutto a buche, ma tanto si vede poco perché è occupato dalle auto in sosta stipate come sardine. C’è lì un’altra caserma ancora, in funzione, la “Generale Sani” che ospita il Circolo sottufficiali di Trieste e al n. 3 l’Ufficio tecnico territoriale delle costruzioni e degli armamenti navali di Venezia, “nucleo tecnico di Trieste”.
Un solo bar-buffet è attivo in tutta via Cumano, escludendo il nuovissimo “wine bar” sorto ai piedi del nuovo megacomplesso dell’Ater che però fa già angolo con piazzale De Gasperi dove i parcheggi gratuiti sono altrettanto tutti occupati, e ci mancherebbe.
«Col museo aperto il lavoro andrà certamente meglio - dice il titolare Diego -, già adesso, noi che abbiamo anche cucina, serviamo pranzi veloci al personale comunale che lavora al “de Henriquez”, al personale dell’Ater, dell’Ippodromo... A me pare che il problema dei parcheggi e della viabilità non sia così grave - aggiunge il barista -, c’è il piazzale dell’Ippodromo, c’è l’autobus». Nella via si contano ancora solo un “Discount” e un negozio di radiofonia. E qualche bel gatto in un orto dietro casa.
«Senza una forte pubblicità c’è il rischio che qui arrivino pochi visitatori, la strada è fuori dai percorsi, lontana dal centro» dicono invece Cristiana Rosa e Massimo Noachig che vivono al di là di piazzale De Gasperi. Una volta proprietari del bar sotto casa, che faceva ottimi affari con la Fiera oggi dismessa. «Serve una navetta per le scuole» dice la signora che spera anche in un riuso proprio del palazzo della Fiera, «dove una volta erano attive scuole di pattinaggio e di tennis per i ragazzini quando non c’erano eventi, e che potrebbe essere trasformato in un luogo adatto ai giovani: farli divertire in un luogo ben preciso evita che vadano in giro, nei centri commerciali o fuori città, e sono più controllabili...».
Che si apra il museo? Sono contenti. Ma già temono l’effetto-deserto. «Secondo me era meglio fare il museo in centro - afferma lui -, dove arrivano e girano i turisti». «L’autobus - aggiunge lei - è uno solo, il 18, e passa ogni 20 minuti, la domenica è sostituito dal 5, altrettanto ogni 20 minuti. Io - conclude - vado sempre in macchina».
La fermata del 18 è quasi a metà via. Il percorso “raccoglie” però comodamente: Corso Italia, via Roma, via Mazzini, piazza Goldoni, Largo Barriera, piazza Garibaldi, viale D’Annunzio, piazza Foraggi, viale Ippodromo, via Fittke, via Tominz (e qui c’è l’ingresso del Museo di storia naturale, sempre nell’ex caserma) e via Cumano capolinea. Il 5 parte da Roiano e tocca via Mazzini, piazza Goldoni, piazza dell’Ospedale. Il turista in fondo è abituato ad assoggettarsi a orari, spostamenti, mezzi pubblici, ma la coppia che si gode col cane la panchina di piazzale De Gasperi si dimostra molto consapevole dell’aria che tira in zona: «Per viverci, molto bene. Per arrivarci, è difficile. Ma non crediamo proprio che aumenteranno gli autobus e le navette. È impossibile. Fondi non ce ne sono». E qui non solo hanno ragione in pieno, ma lo dicono coi termini burocratici che usano gli amministratori. Lezione appresa.
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