Via Granbassi, il «no» degli intellettuali

Nuova iniziativa del Comitato: tra gli aderenti Boris Pahor, Moni Ovadia, Fulvio Camerini
Boris Pahor
Boris Pahor
«Non è solo un problema locale il fatto di voler intitolare una via cittadina a Mario Granbassi. Questa scelta rientra in una linea politica che sta prendendo piede in varie località italiane e tende a negare i valori della Resistenza e della libertà. Basta pensare all'aeroporto di Comiso dove è stata cancellata l’intitolazione a Pio La Torre, assassinato dalla mafia, per dargli il nome del generale Vincenzo Magliocco, morto in Africa, durante la guerra d’Abissinia». Lo ha dichiarato Claudio Cossu, coordinatore del Comitato «Cittadini liberi ed eguali» che domani si riunirà alle 17 nella saletta del bar Knulp di via Madonna del Mare 7 per avviare una nuova iniziativa.


«Il problema dell’intitolazione di una via a Mario Granbassi deve uscire dall’ambito cittadino per approdare alla ribalta nazionale. Numerosi storici e uomini di cultura stanno aderendo alla nostra presa di posizione contro questa scelta della Giunta comunale di Trieste. Granbassi è morto in Spagna nel 1939, mentre combatteva a fianco delle truppe fasciste di Francisco Franco e contro la repubblica democratica».


Alla conferenza di domani hanno dato la loro adesione Boris Pahor, Pier Aldo Rovatti, Fulvio Camerini, Sergio Grmek Germani, Alessandro Giadrossi, Franco Cecotti, Diana de Rosa e altri docenti universitari. Messaggi di adesione sono stati inviati da Moni Ovadia, Enzo Collotti, Fulvio Salimbeni, Mimmo Franzinelli e Margherità Hack.


Lo stesso comitato di cui Claudio Cossu è portavoce e coordinatore, ha diffuso ieri una nota in cui al giornalista triestino morto in Spagna vengono attribuite altre responsabilità sul piano politico e morale. Mario Granbassi nel 1930 era il conduttore di una rubrica radiofonica dell’Eiar, intitolata «Mastro Remo» e redigeva giornali dedicati ai bambini. «Su questi giornali per i fanciulli Granbassi ostentava armi e gagliardetti oltre alla figura del duce. C’erano fucili e baionette, maschere antigas e aquile imperiali».


Il primo numero del giornalino redatto da Granbassi uscì in edicola il 17 maggio 1934 e da quel giorno il collegamento con la trasmissione radiofonica dell’Eiar «Mastro Remo» fu sempre più stretto. Secondo il coordinatore del comitato «quei bambini, trascinati dal pifferaio, qualche anno più tardi sarebbero stati mentalmente e fisicamente pronti a partire per il fronte con entusiasmo, confidando nella sicura, prossima vittoria, in un’avventura che allora sembrava solo una semplice sfilata con rulli di tamburi e bandiere al vento».


«In Africa, Russia, Grecia, Albania, nel nome del duce, gli antichi ’combriccolini’- così Granbassi definiva i suoi ascoltatori - partivano maldestramente preparati e con inadeguato equipaggiamento».
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