Viaggio nella “Cortina” di Gorizia dove l’estate è da tutto esaurito
A pochi chilometri dalla città si schiude l’altopiano frequentato dai goriziani anche ai tempi del confine. Oggi è meta capace di attrarre turisti provenienti anche da vari Paesi d’Europa

A 21 chilometri di distanza da piazza Vittoria, a 872 metri di altitudine oltre gli 84 della città e a sei gradi centrigradi in meno all’ora dello Zenit sempre rispetto a piazza Vittoria ecco dischiudersi, in una torrida giornata estiva, la “Cortina di Gorizia”. Nulla a che vedere con quella di ferro che pure da queste parte aveva piantato radici. Si tratta di Loqua (Lokve), l’antico stagno (donde il nome della località, comune di Nova Gorica) che al pari di Grado è una sorta di dependance di Gorizia, perfino ai tempi, appunto, della cortina di ferro.
A Loqua hanno imparato a sciare generazioni e generazioni di goriziani, sui campetti rassicuranti solcati da antiquati skilift, i cui profili arrugginiti fanno ancora oggi parte del paesaggio. Loqua oggi è una località attraente, un approdo sicuro per coloro che cercano l’essenza della montagna: la pace. Con i suoi quasi mille metri di altitudine Loqua e frazioni stimolano il riposo. Lunghe e facili passeggiate, su sentieri ben segnati, sono il menù della giornata tipo. La strada che sale dal Salcano, per metà allargata e quindi più scorrevole, è una sorta di tentacolo nervoso verso la montagna. Diversi goriziani hanno casa a Loqua, possono trascorrere serate e notti al fresco e ridiscendere nella calure lavorativa il mattino seguente in virtù di un tragitto che pure il vecchio e prudente cronista, al volante di una milleduecento, ha coperto in 35 minuti.
Ma l’aspetto che forse meno si conosce di Loqua è che la località ha valicato i confini statali e del Goriziano. I circa 100 posti letto sono esauriti per agosto. Anche a luglio è andata di lusso per gli operatori turistici. Il rinomanto e blasonato Hotel Winkler la pensione Planota da soli garantiscono una settantina di posti letto. Al Planota si pernotta con 30 euro e si sale a 35 con la prima colazione. La sera cene come si conviene in altura dopo lunghe passeggiate.
Patrik è il giovane e scattante gestore tuttofare della pensione Planota. Risponde alle nostre domande interrompendo la conversazione per controllare i fornelli. «La stagione sta andando molto bene – assicura con orgoglio –. Abbiamo diversi ospiti italiani, olandesi e perfino inglesi». Proprio durante la chiacchierata fa il loro ingresso una coppia di donne inglese. Forse pensavano che Loqua offrisse qualcosa di più attrattivo. Ma sembrano gradire la sistemazione.
Nei giorni scorsi due escursionisti nordici hanno incrociato un orso durante una camminata. «Ne abbiamo di orsi – conferma Patrik – ma non ci sono problemi. Basta che ciascuno prosegua per la propria strada».
Gli orsi ci sono ma pure i plantigradi sembrano rilassati a questa altitudine. Lo confermano le mucche con annessi vitelli che pascolano tranquille all’ingresso del paese.
Di Loqua è particolarmente nota la grotta del ghiaccio che si raggiunge superato l’abitato di Mala Lazna. Sul versante opposto dell’antico lago ci sono Lazna, dove una sorta di rifugio offre ottima ospitalità. E poi c’è Cepovan da dove, senza badare ai diritti degli ammortizzatori, si snodano stradicciole incantevoli.
All’ingresso di Loqua il biglietto da visita è offerto dalle piacevoli opere di Rajmund Kolenc. Il placido signore è un abile maestro d’ascia e non difetta di fantasia. Ha allestito una sorta di mostra all’aria aperta che vale la pena visitare. Rajmund è uno dei goriziani che abitano a valle e salgono quasi quotidianamente a Loqua. Per valle si intende Nova Gorica, Gorizia per Rajmund e i suoi concittadini.
Patrik ricorda che quello trascorso è stato un inverno molto rigido ma con poca neve. Di conseguenza gli skilift hanno lavorato poco. Ma appena la neve si cala salgono a Loqua a frotte di sciatori.
Oltre ai due alberghi si possono affittare case private pure dotate di sauna e alcuni B&B.
Lungo la strada per Lazna, a un certo punto sulla destra diparte una carrareccia. Ci si inerpica su quel sentiero e dopo un tempo che dipende dagli strapazzi del camminatore si arriva, senza rischi, sulla sommità del monte Poldanovec, circa a 1300 metri di altitudine. Arrampicando dal lato nord il 19 agosto del 1923 precipitò mortalmente Nino Paternolli, uno dei tre intellettuali da “soffitta” con Carlo Michelstaedter e Rico Mreule. Un pensiero a Paternolli val bene la camminata.
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