Un viaggio in Slovenia attraverso i cinque sensi nella guida di Šteger

L’esilarante guida dello scrittore sloveno Aleš Šteger: «Si trova tanta Europa in uno spazio tanto minuscolo»

Pierluigi Sabatti
Ptuj, la Petovio romana, città natale di Steger
Ptuj, la Petovio romana, città natale di Steger

È tempo di vacanze e se non avete ancora scelto una meta, ve la suggeriamo con questo libro: “In Slovenia – Un viaggio attraverso i cinque sensi” di Aleš Šteger nella traduzione di Federico Scarpin (Bottega Errante Edizioni, 220 pagine, 18 euro).

Va chiarito subito che non è un banale baedeker, è un volume ricchissimo di informazioni che descrive con un linguaggio coinvolgente, condito da una garbata ironia, questo piccolo Paese che noi italiani forse non conosciamo come merita. Come non conosciamo il suo autore, definito in Francia “una delle grandi voci della letteratura contemporanea in Europa, che possiede un talento inimitabile. Egli eccelle con il suo humor e nello straniamento del quotidiano con l’immaginario che rimanda a Kafka”.

Nato a Ptuj nel 1973 vive a Lubiana e, oltre che poeta, è autore di romanzi, saggi, traduzioni (dallo spagnolo e dal tedesco) e animatore di eventi artistici e culturali in giro per il mondo. Con 90 libri tradotti in più di 20 lingue Šteger è uno dei più affermati scrittori sloveni contemporanei.

Ma torniamo al libro: la Slovenia - spiega - è l’unico luogo in cui “si trova tanta Europa in uno spazio tanto minuscolo”. Quando si arriva “uno vede le Alpi innevate e in un attimo si ritrova già in riva al mare. Percorre idilli collinari ricoperti di vigneti che ricordano la Toscana, e dopo soli venti minuti è prigioniero dell’orizzonte monotono della Pianura Pannonica”. Una “piccola macchia” sulla carta del continente dove vive un popolo che “lotta contro l’invisibilità”.

Con la stessa garbata ironia, Šteger spiega come sono gli sloveni, orgogliosi di essere un popolo che mai nella sua storia ha attaccato altri popoli, fieri difensori della propria lingua, parlata da due milioni di persone, però frazionata in una quantità incredibile di dialetti, ogni paesino ha il suo e noi triestini lo sappiamo, basta andare sul Carso. Una babele linguistica che è un modo per vincere il soffocamento dei confini, perché in Slovenia basta guidare per due ore in una qualsiasi direzione e se ne incontra uno. Confini stringono il Paese entro una circonferenza di 1400 chilometri che Šteger, ha percorso in bicicletta in 34 giorni.

E ancora: gli sloveni sono un popolo religioso. Ogni 700 abitanti c’è una chiesa. Prevale il cattolicesimo, ma il protestantesimo ha avuto un ruolo importante: Primož Trubar il padre della lingua slovena, a metà del 1500, aveva aderito al luteranesimo alla scuola del vescovo di Trieste, Pietro Bonomo.

E ancora: un popolo attaccato alla famiglia, alla casa, all’automobile, e adesso pure alla bicicletta, amante della montagna, del verde e del legno. Un popolo con un’atavica paura del cambiamento ma capace di ribellioni, come le rivolte contadine dal ‘400 al ‘700. “Il gesto della rivolta per antonomasia – sottolinea – si dimostra nella precoce formazione di fronti armati contro le forze di occupazione nazifasciste nel maggio 1941, ed è possibile tracciare la vicinanza alla rivolta dal movimento punk degli anni Ottanta fino alle dimostrazioni in bicicletta all’epoca del Covid”.

L’Autore smentisce lo stereotipo “jugoslavo” degli sloveni privi di senso dell’humor anche se ammette che tendono a un umorismo nero. E riporta altri stereotipi come la denominazione “kekci”, da “kekec” giovane pastore, obbediente e testone.

Nella seconda parte del libro, quella dei sensi, ampio spazio è dato al gusto con la descrizione dei piatti in cui ritroveremo tantissimo della cucina triestina; al buon bere, vino e birra (13 litri di alcol per abitante ogni anno); alla convivialità.

Da gustare i capitoli dedicati alle città, curioso quello sulla sua città, Ptuj, un piccolo gioiello, la Petovio romana, luogo di scambi che contava, agli albori della nostra era, cinquantamila abitanti, molti più di Londra o Vienna. Ptuj è pure la “capitale” del carnevale con gli abitanti i quali d’inverno indossano la maschera dei kurenti, coperti da pellicce, che agitano grossi campanacci, e d’estate si trasformano in legionari romani.

Venendo ai tempi nostri, non tace Šteger i massacri dei titini. Infine va ricordato che la Slovenia ha ospitato due capitali della cultura europea: Maribor nel 2012 e Nova Gorica, insieme a Gorizia, quest’anno. Un piccolo libro che ci permette di conoscere un grande autore europeo, con l’auspicio che altre sue opere siano tradotte in italiano.

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