Villa Elvina e il destino fra Austria e Italia sempre in via Mattioli

Dopo il Corso nel 1860 l’urbanizzazione partì a Nord attorno a piazza Fieno oggi Julia 

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Giunta la Ferrata della Meridionale nel 1860 e realizzato il Corso, inizia da Nord l’urbanizzazione dei suoi tratti laterali e con un progetto degli uffici comunali del 1877 nasce il primo dei nuovi quartieri attorno alla piazza del Fieno, oggi Julia, nello spazio tra via XXIV Maggio e il parco della Rimembranza, dove ancora fino al 1880 si trovava il vecchio cimitero cittadino.

Nasce così anche la via ancora oggi intitolata a Pier Andrea Mattioli (1501-1578), senese, umanista, medico laureato a Padova e autore di numerosi trattati di medicina, farmacopea e piante officinali, fuggito da Roma a Trento dopo il sacco del 1527 e giunto poi nel 1541 a Gorizia per trasferirsi quindi a Praga nel 1555 alla corte di Ferdinando I d’Asburgo assieme alla seconda moglie, la goriziana Girolama di Varmo. Nel tratto finale della strada, attorno il 1905 tale Giovanni Stanta costruisce un piccolo edificio a piano terra che già nel 1907 cede a Furlani Adele nata Braun, la quale a sua volta lo vende a Fioravante Salvaterra nel 1909.

Finita la guerra, nel 1922 l’immobile viene acquistato dalla moglie dell’impresario Ericani, Dina Rubboli, che nel 1902 con la firma tra gli altri dell’ingegner Emilio Luzzatto, ne decide dapprima una sopraelevazione sulla terrazza di sinistra, per poi due anni dopo procedere alla costruzione dell’elegante torretta recante sul progetto la scritta “Villa Nuta” e il sottostante balconcino angolare sulla terrazza di destra, conservando in ambedue i casi il davanzale a colonnine.

Nel 1925 il grazioso villino viene acquistato dalla famiglia Cargnelli, poi ceduto a Egidio Bonnes nel 1949 e pervenuto nel 1973 agli attuali proprietari di “Villa Elvira” che ne fecero restaurare gli sterni e gli interni orientaleggianti da Lucio Cerani, elegante architetto mancato per l’interruzione degli studi negli anni Sessanta del boom edilizio, quando era ricercata la capacità professionale e il mero titolo contava ma non troppo.

Nell’immagine realizzata dai fotografi dell’esercito austriaco il 20 maggio del 1915, dopo i primi bombardamenti italiani su Gorizia, tra le colonnine a sbalzo che reggono lo sporto del tetto al di sopra della loggetta del primo piano, si nota un elegante dipinto murale apparentemente secessionista e danneggiato dal foro di una granata. —



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