Villa in Costiera da ampliare: Berti “batte” la Picchione

La soprintendente Maria Giulia Picchione sarà pure un arbitro inflessibile del codice delle Belle arti. Ma Amilcare Berti, che in panchina, a bordo campo, ci è andato per una vita, di arbitri se ne intende. Sa come prenderli, e fin dove ci si può spingere. «Non ho nulla contro nessuno, la Soprintendenza fa il suo mestiere, così come ricorrere è un mio diritto», mette le mani avanti l’ex presidente della Triestina, il proprietario dell’ultima “grande” Unione. La rigorosa soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici, dunque, s’è imbattuta in un osso duro. Che l’ha trascinata davanti al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, dove è stata sconfessata.
È cronaca di queste ore, infatti, la sentenza con cui il Tar ha annullato i “no” che l’architetto Picchione aveva reso allo stesso Berti nel 2012, allorché lui aveva presentato alle autorità competenti in materia - Comune e Sprintendenza, appunto - l’autorizzazione ad ampliare di circa il 25% delle cubature, in scia al cosiddetto “Piano casa”, la supervilla in Costiera in territorio Santa Croce, con tanto d’approdo via mare, comprata poco prima dagli ex coniugi Sergio Hauser e Donata Irneri per due milioni e 750mila euro.
«Difetto di istruttoria e motivazione», recita lapidaria la sentenza che accoglie il ricorso di Berti presentato dagli avvocati Michele Steccanella, Lorenzo Botteon e Giuseppe Sbisà e segna una nuova sconfitta, in sede di giustizia amministrativa, per la soprintendente. La quale aveva invece ritenuto le opere proposte da Berti - opere in Costiera e quindi soggette a vaglio naturalistico preventivo - «incompatibili con i valori paesaggistici tutelati». Ma - puntualizza il Tar - «la Soprintendenza gode, a norma di legge, di un’ampia discrezionalità», che «proprio per tale ragione deve risultare comunque supportata da una congrua motivazione e un’adeguata istruttoria». Morale: «Tale ampia discrezionalità comporta un onere aggiuntivo di motivazione e valutazione globale della situazione di fatto, il che risulta del tutto mancante nel caso in esame. Ciò non significa che la Soprintendenza non possa ai fini della tutela, costituzionalmente garantita, modificare i criteri in senso più restrittivo rispetto al passato, ma ovviamente nel farlo deve spiegare in modo acconcio tale suo nuovo indirizzo, anche per la sua incidenza sugli interessi privati». «Ciò assume - chiude il collegio amministrativo - maggior rilievo nel caso in esame sia per il parere favorevole espresso dalla Commissione per il Paesaggio e la qualità urbana del Comune, sia per lo scarso impatto dell’intervento. Infatti, dalla documentazione in atti, emerge che le modifiche all’edificio non presentano alcuna apprezzabile alterazione dell’impatto visivo, che al limite sarebbe percepibile solo dal lato mare e comunque da una distanza tale da renderlo compatibile con il vincolo». Per amor di verità, in effetti, il ricorso di Berti puntava il dito anche contro il Comune, perché era spettata proprio al Comune - a gennaio - l’ultima parola. Un “no” nonostante il precedente “sì” perché il “no” della Soprintendenza comanda, e vincola. Trattavasi così di «determinazione definitiva di diniego sull’istanza di autorizzazione paesaggistica» che l’ex presidente dell’Alabarda aveva presentato nella primavera di un anno fa ai fini della «ristrutturazione» e del contestuale «ampliamento» della sua nuova villa. Villa che, ora, può essere ingrandita.
@PierRaub
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