Violentata su un’auto da un assistito del Csm di Domio

La violenza sessuale è avvenuta nel parcheggio coperto di via Valmaura, nei pressi del supermercato Famila. La vittima è stata affrontata all’improvviso. Poi l’ha bloccata mentre stava camminando. Le è saltato addosso. Le ha abbassato con decisione i pantaloni e l’ha sdraiata sul cofano di un’auto.
La donna si è ribellata e ha cercato di allontanare l’aggressore. Il quale poi l’ha bloccata nuovamente. Cercando questa volta ancora un rapporto. Una vicenda che fa venire i brividi per la crudezza e la violenza con cui è stata consumata.
La data è quella del 28 marzo scorso. Il giorno dopo la donna ha presentato denuncia. Ma i due protagonisti di questa vicenda - finita all’attenzione della procura della Repubblica - sono entrambi assistiti del Centro di Salute mentale di Domio. La donna che ha presentato una dettagliata querela - anche se il reato è perseguibile d’ufficio - è stata ritenuta attendibile dopo i riscontri da parte degli investigatori incaricati dal pm Massimo De Bortoli, il magistrato titolare del fascicolo.
Le indagini che hanno portato all’emissione di un provvedimento di “divieto di avvicinamento” da parte del gip Raffaele Morvay sono scattate una decina di giorni fa. L’uomo che è accusato di violenza sessuale è difeso dall’avvocato Massimo Scrascia.
Davanti al giudice, accompagnato da due infermieri del Csm, ha respinto decisamente le accuse. «Lei ci stava», ha fatto capire. E ha comunque confermato di aver avuto una “storia” con l’assistita che l’accusa.
Ma c’è di più. La donna ha subito una serie di lesioni che al pronto soccorso del Burlo, dove subito dopo il fatto avvenuto nel parcheggio è stata accompagnata, sono state ricondotte a una possibile violenza sessuale. L’episodio è stato confermato indirettamente dallo stesso presunto autore a uno psichiatra che lo ha in cura.
«Va evidenziato - osserva il giudice Morvay - che i fatti sono avvenuti tra persone mentalmente deboli entrambe assistite dal Csm».
Ma il giudice rileva che «l’uomo pur appoggiato da un amministratore di sostegno non risulta totalmente o parzialmente non imputabile». Da qui appunto il provvedimento cautelare di divieto di avvicinamento.
In questo senso nell’ordinanza viene evidenziata «la scarsissima capacità (ndr, da parte dell’accusato) di contenere le proprie pulsioni sia sessuali sia più genericamente violente». Poi viene tra l’altro rilevata per l’uomo accusato la necessità di cura e frequentazione del Centro di salute mentale diverso e lontano da quello dove è in cura la donna vittima della violenza. (c.b.)
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