Ypres-Gorizia: due fronti, una guerra

Le trincee, il fango, le granate, il sangue, la devastazione che inghiotte tutto quanto. Istantanee tristemente note a Gorizia, che visse un ruolo da protagonista in quella immane carneficina che fu la Prima guerra mondiale. Ma le stesse trincee, le stesse lapidi che qui ricordano le troppe vite sprecate, si trovano sparse un po’ in tutta l’Europa, che per quattro anni venne inghiottita in quella che, secondo le intenzioni dei suoi strateghi, doveva essere una guerra-lampo e che invece si rivelò un incubo senza fine.
In Belgio, in particolare, c’è una città, Ypres, che vanta il triste record di caduti: un milione e 900 mila vite spezzate nelle quattro battaglie che videro l’esercito tedesco contrapporsi a quello britannico. A ripercorrere la storia del fronte delle Fiandre, così lontano geograficamente ma allo stesso tempo così vicino per vissuto a quello dell’Isonzo, è stato lo storico Alessandro Gualtieri, autore del libro “Battaglie di Ypres”, presentato ieri a èStoria da Giovanna Sainaghi, direttrice dell’Ente turismo Fiandre.
«I due fronti presentano molte analogie: d’altra parte si tratta della stessa guerra - ha spiegato ieri Gualtieri -. Sia sull’Isonzo che nelle Fiandre si sviluppò una guerra statica, di trincea appunto, con una media di 2-3 attacchi all’anno, progettati a lungo». Le differenze più marcate sono sostanzialmente due: «La prima riguarda il territorio: sul fronte italiano le trincee si svilupparono anche in verticale, mentre in Belgio non ci sono montagne. La seconda, invece, riguarda l’importanza che era data al fronte: quello italiano era considerato secondario rispetto a quello occidentale».
Quello di Ypres fu un fronte fondamentale anche per un altro motivo. Qui ci fu il debutto di un nuovo tipo di guerra: quella chimica. «Nella prima delle battaglie che si combatterono su quel Saliente, nell’aprile del 1915, l’esercito tedesco lanciò sulle trincee nemiche un gas letale a base di cloro. Un’arma devastante che soprese gli stessi tedeschi, impreparati alle terribili conseguenze di quella miscela - ha raccontato lo storico -. Non è un caso se le miscele chimiche più aggressive presero il nome identificativo generico di “iprite”, proprio dalla stessa cittadina belga». Quell’episodio scoperchiò il classico Vaso di Pandora: da lì in avanti i gas letali vennero usati anche in altri fronti, tra cui quello di Caporetto.
La battaglia più devastante consumatasi a Ypres - «tanto sanguinosa quanto inutile, come quella voluta da Cadorna sulla Bainsizza» - fu però quella cosiddetta “di Passchendaele”, nel 1917: 600mila morti in pochi mesi per conquistare 8 miseri chilometri, che l’esercito britannico perse l’anno successivo.
Dai raffronti tra le due realtà, Gorizia avrebbe forse qualcosa da imparare dalla lontana cittadina belga: oggi Ypres è una magnifica perla delle Fiandre, meta constante di tanti turisti che qui possono visitare moderni musei dedicati alla Grande guerra, le trincee restaurate, i numerosi cimiteri dei caduti, senza contare i laghi artificiali sorti dai crateri generati dallo scoppio delle mine. Sotto l’Arco di Menin, che sulle sue pareti ha incisi i nomi dei 60mila dispersi, ogni sera un gruppo di trombettieri intona l’inno “The Last Post”. Una cerimonia istituita subito dopo la guerra dagli stessi abitanti di Ypres. Per non dimenticare.
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