Zamparini: Triestina? Per ora no

TRIESTE «Qualche tempo fa sono stato contattato attraverso l’amico e mio collaboratore Angelo Baiguera dal sindaco di Trieste: Cosolini voleva verificare se potevo essere ancora disponibile a impegnarmi nella Triestina. La mia risposta è stata semplice: “out”, fuori, basta».
Zamparini e l’Unione Maurizio Zamparini è come al solito straordinariamente diretto ed efficace. Era a Trieste per partecipare a un incontro organizzato nell’ambito del cartellone del Premio Luchetta: in attesa di salire sul palco a parlare di calcio, ha trovato il tempo per conversare anche con Il Piccolo. Già perché già un anno e mezzo fa era stato contattato e anzi in quell’occasione una forma di collaborazione era nata, con gli allora dirigenti dell’Unione. «Alt. In realtà - spiega il presidente del Palermo - è stato solo un inizio di rapporto. Niente di più. Perché? Semplice: i dirigenti della Triestina cercavano solo i soldi e non erano interessati a una forma di gestione».
Zamparini e il futuro alabardato Quindi non è nemmeno ipotizzabile, un domani, un nuovo coinvolgimento di Maurizio Zamparini nelle vicende alabardate, visto il “no” secco detto anche di recente al sindaco Cosolini? In realtà la risposta del patron del club rosanero uno spiraglio lo lascia aperto: «Sarebbe possibile solo a due condizioni. La prima: la Triestina deve arrivare almeno in Lega Pro. La seconda: devono cambiare le leggi del calcio e alle società di serie A deve essere data la possibilità di avere club satelliti, come avviene in tante altre parti d’Europa. Peccato però che le istituzioni del calcio non abbiano nessuna intenzione di cambiare le regole». Ed è una posizione questa che Zamparini ribadirà di lì a poco anche dal palco del Premio Luchetta: «Se si avverassero quelle due condizioni io sono pronto» dice al microfono. L’Unione e l’esempio Entella Ma allora cosa deve succedere perché l’Unione torni in alto? «Premessa. Oggi, in Italia e non solo in Italia, è difficile se non difficilissimo fare calcio. Per il semplice motivo - spiega Zamparini - che è necessario investire tantissimo. La Triestina può ambire a ritornare in serie B ma a una condizione: che venga presa in mano da un imprenditore capace di spendere tanti, tanti soldi. Penso all’esempio del Sassuolo, con presidente il numero 1 di Confindustria Squinzi, e penso all’esempio dell’Entella, appena promossa in serie B, guidata da un imprenditore come Antonio Gozzi, presidente di Federacciai. Poi, per carità, ci sono anche i miracoli...»
La cultura dello sport Se si parla di calcio non si può non parlare di Mondiali. E del disastro azzurro... «Il calcio - commenta Zamparini - è come la vita: ci sono i cicli positivi e i cicli negativi. E allora il problema vero è che noi italiani non siamo capaci di perdere. Perché? Semplice: manca la cultura dello sport, quella cultura che ti fa osservare un torneo di calcio, ancorché sia un Mondiale, per quello che è, appunto un torneo di calcio, dove si può vincere ma si può anche perdere. E poi - prosegue - sapete quale è il nostro problema? A calcio da noi non gioca più nessun ragazzino. Ma non solo a calcio, nessuno gioca più a nulla nei cortili italiani, ormai deserti, perché poi i ragazzi sono tappati in casa davanti a un computer o con la consolle della playstation in mano. Ed è, appunto, anche questo un problema di computer».
«Un esempio per la Figc» Da 25 anni nel mondo del calcio, presidente - ai tempi - anche con Prandelli allenatore («al Venezia: portò la squadra in serie A, ma poi perse le prime cinque partite in A e lo mandai via») ha l’esperienza, Zamparini, per dire la sua anche sul futuro della Federcalcio. «L’ipotesi Rivera? L’ipotesi Albertini? Ma per carità, i calciatori facciano i calciatori, i dirigenti sono altro. Chi vedrei bene alla guida della Federcalcio? Semplice: un uomo come me. No, non io, che sono allergico alle poltrone, ma una persona come me: con la mia esperienza, con i miei valori per cambiare il mondo del calcio».
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