Zoff: quando Pertini ammise l’errore a scopone

La confessione in un telegramma inviato dall’ex presidente e che fa parte dei cimeli conservati nella casa di Mariano
Di Franco Femia
Bumbaca Gorizia 15.09.2012 Mariano, Museo Zoff - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 15.09.2012 Mariano, Museo Zoff - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

MARIANO. Ricordate la partita a scopone che il presidente Sandro Pertini fece con Dino Zoff, Enzo Bearzot e Franco Causio sull’aereo presidenziale che tornava a Roma dopo il trionfo al mondiale del 1982? E l’arrabbiatura di Pertini che se la prese con Bearzot dicendogli di aver giocato male e incolpando anche Zoff della sconfitta? Ebbene a 30 anni da quell’episodio che Youtube ha contributo a immortalare per le generazioni future, è venuta fuori un’altra verità: a sbagliare fu Pertini. Lo ammise lo stesso presidente in un telegramma che il 3 giugno 1983 inviò a Zoff quando decise di lasciare l’attività agonistica. In quel telegramma, tra l’altro Pertini scrisse: «Vieni a trovarmi. Giocheremo a scopone e cercherò di non fare più gli errori che mi hai giustamente rimproverato». Quel pezzo di carta, ancor più ingiallita dal tempo, è una delle chicche della mostra permanente dedicata all'ex campione del mondo Dino Zoff e realizzata in un grande stanzone della sua casa di famiglia a Mariano del Friuli. «Su quell’errore ho sempre taciuto in pubblico - ha detto ieri Zoff -; potevo mica dirgli subito che aveva sbagliato. Le istituzioni vanno rispettate».

Ma non c’è solo quel telegramma: la mostra è un viaggio nella vita di Dino, fin da quando aveva i calzoni corti, giocava da portiere nel Mariano e lavorava prima in un’officina di Cormons e poi a Gorizia. «Avrei fatto il meccanico - disse un giorno - se non avessi sfondato nel calcio». Una carriera strepitosa, dalla maglia dell’Udinese, a quella del Mantova, del Napoli e della Juventus, di cui era tifoso fin da ragazzino. Una carriera che lo ha portato a girare il mondo. Ne sono una testimonianza le decine di cartoline, inviate a Mariano al suo amico Felice Tofful, che le ha gelosamente conservate e ora sono inserite nella mostra. Tofful è la memoria storica, l’uomo che ha raccolto negli anni i cimeli del portierone, ne è stato fedele custode e quello che più ha voluto la mostra, cuata poi da Gastone Tomadin.

Al centro della stanza, dinanzi a una riproduzione della Coppa del mondo, c’è la maglia che aveva indossato nella finale mondiale. Quel numero 1, che è riportato anche sulla prima piastrella della sala. Del Mondiale ’82 l’avvocato Alberto Tofful ha voluto ricordare quella parata di Zoff fatta sulla linea di porta nell’epica gara contro il Brasile. «Ero tra il pubblico, dietro la sua porta, e si vide che il pallone era fermo sulla riga e tutti noi giunti da Mariano gridammo non è gol». «Per me sono stati invece 5 secondi di paura - ha raccontato ieri Zoff -, non vedevo l’arbitro, vedevo solo i giocatori del Brasile con le mani alzate che esultavano».

Magliette, ritagli di giornale, medaglie, coppe, targhe: più di vent’anni di carriera sfilano via. E le foto non parlano solo delle parate di Zoff, ma raccontano 50 anni di football mondiale: ed ecco Pelè, poi Sivori, Maradona, campioni di ieri e di oggi. E Bearzot, l’altro friulano che divise con Zoff gli onori. Un legame particolare, non solo per i legami alla terra friulana: Zoff, e lo ha fatto pure ieri, parla in friulano soprattutto quando si trova a casa sua. A Bearzot, Dino regalò un bacio sulla guancia al Bernabeu, un gesto che per lui schivo e un po’ orso era qualcosa di inimmaginabile. Fu sorpreso lo stesso Bearzot.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:calciostoria

Riproduzione riservata © Il Piccolo