A Venezia si riscopre la barbara bellezza delle miniature tagliate

In esposizione alla Fondazione Cini fino all’8 gennaio la preziosissima collezione del conte Vittorio
Di Giovanna Pastega

di GIOVANNA PASTEGA

Autunno ricco nel Venice Museum Mile, il "miglio dell'arte e della cultura", come è stato ribattezzato il percorso virtuale che a Venezia collega le principali istituzioni museali e i centri espositivi più importanti. Moltissime le mostre in corso che si possono visitare in tutta la città.

Capolavori in miniatura

"Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini" fino all'8 gennaio offrirà al pubblico l'occasione di ammirare il cuore di una delle collezioni di miniature più importanti al mondo: quella del conte Vittorio Cini, donata alla Fondazione nel 1962. Formata da pagine e lettere miniate ritagliate, secondo la "barbara" pratica ottocentesca del "cutting" (il taglio di stampe e miniature da libri per farne quadri, gioielli, antologie, etc.) la collezione di miniature della Cini è frutto di una passione antiquaria assai diffusa nei primi decenni del '900.

Per lo più provenienti da libri liturgici, ma anche da testi laici come le mariegole veneziane, le pagine e i frammenti pergamenacei esposti ricostruiscono la storia della miniatura in Italia dal XII al XVI secolo. Ogni miniatura è un'opera d'arte realizzata a più mani utilizzando tecniche di grande difficoltà esecutiva: dalla concia delle pelli per creare la pergamena, alla polverizzazione delle pietre dure per dar vita ai diversi colori fissati sulla pagina da misture di fiele di bue, albume d'uovo, gomma arabica, colla di pesce, allume di rocca, sino alla creazione grafica e pittorica della pagina arricchita spesso da foglie d'oro. La parola miniatura deriva da "minium", il pigmento rosso (ossido di piombo) usato dagli amanuensi per scrivere le iniziali, e i segni di paragrafo. Tra i capolavori in mostra, oltre al Martirologio dei Battuti Neri, straordinaria sequenza di martìrii di santi del primo'400, il minuscolo Libro d'Ore fatto realizzare da Ludovico il Moro come dono per il re di Francia.

Il Ghetto di Venezia.

Per chi ancora non l'avesse visitata da non perdere a Palazzo Ducale fino 13 novembre la mostra "Venezia, gli ebrei e l'Europa, 1516 -2016" realizzata per il cinquecentenario della nascita del Ghetto di Venezia, il più antico al mondo, che attraverso disegni architettonici, antichi volumi, documenti d'archivio, quadri, oggetti liturgici, arredi, ricostruzioni multimediali, traccia la storia e l'evoluzione dell'insediamento ebraico a Venezia.

Le vedute di Caffi.

È stata prorogata sino all'8 gennaio prossimo la grande mostra monografica dedicata dal Museo Correr al pittore, patriota e viaggiatore Ippolito Caffi a 150 anni dalla morte.

Il libri di Coco Chanel.

Ca' Pesaro dedica le sue sale ad un mito della moda, Coco Chanel. Curata da Jean-Louis Froment "Culture Chanel, La donna che legge" resterà aperta sino all'8 gennaio prossimo offrendo un percorso, colto e sofisticato, nella libreria personale della intramontabile signora della moda.

Il collezionista.

In attesa della grande mostra dedicata ai Cadorin, una tra le dinastie più importanti di artisti veneziani, è stato prorogato a Palazzo Fortuny sino al 6 novembre "Quand fondra la neige, où ira le blanc", un progetto espositivo ideato da Daniela Ferretti per tracciare il profilo del collezionismo dal Rinascimento a oggi.

Aspettando Tancredi.

Il 12 novembre il Museo Guggenheim ospiterà la retrospettiva "La mia arma contro l'atomica è un filo d'erba" dedicata a Tancredi Parmeggiani, uno degli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del '900.

Le alchimie di Polke.

La più grande retrospettiva dedicata a Sigmar Polke sarà ancora di scena fino al 6 novembre a Palazzo Grassi. Una mostra da non perdere dedicata alla sperimentazione alchemica e all'inquietudine politica di un artista che ha saputo attraversare tutte le tecniche artistiche del '900.

Utopie ai Tre Oci.

Due grandi della fotografia di scena alla Casa dei Tre Oci alla Giudecca. In primo piano nella mostra dedicata a Renè Burri i grandi processi di trasformazione storica, politica e culturale del '900 (dalla caduta del muro di Berlino alle proteste di piazza Tienanmen) immortalati insieme alle utopie architettoniche di tutto il mondo. Al centro della personale di Scianna invece una intensa ricognizione fotografica della dimensione contemporanea del Ghetto di Venezia.

Il vetro di Venini.

Da non perdere a San Giorgio Maggiore "Paolo Venini e la sua fornace", ultimo capitolo in ordine di tempo del progetto "Le stanze del vetro" curato da Marino Barovier, teso a ricostruire (dopo il fortunoso ritrovamento degli archivi creduti scomparsi) la storia e le produzioni della celebre fabbrica muranese. In mostra 300 opere che raccontano l'estro creativo del più famoso imprenditore vetrario del '900 e dei designer che lo affiancarono nel corso del tempo: da Tommaso Buzzi a Fulvio Bianconi a Gio Ponti sino a Carlo Scarpa e suo figlio Tobia. Sicuramente lo stile di Paolo Venini aveva poco a che fare con l'ambiente muranese dell'epoca. Milanese, laureato in giurisprudenza, era sbarcato nell'isola del vetro per l'amicizia con il veneziano Giacomo Cappellin, che lo coinvolse nel 1921 nella nascita di una nuova vetreria.

«Questa mostra - spiega il curatore - svela più da vicino la personalità di Paolo Venini e i suoi interventi diretti nelle linee di produzione della fabbrica che traevano spunto dalle mille suggestioni raccolte nei suoi viaggi commerciali o personali in giro per il mondo, durante i quali fiutava le tendenze dei mercati internazionali».

Murano oggi.

Il Museo del vetro di Murano ospita la mostra "Emozioni di vetro". Qual è l'attuale stato di salute delle storiche vetrerie muranesi, quali le capacità tecniche dei maestri vetrai di oggi, quali le innovazioni e i contributi del design? A tutte queste domande la mostra promossa dai Musei civici ha cercato di dare risposta. Tesa a sostenere un'arte antica bisognosa di un forte rilancio internazionale, l'iniziativa mostra però un orizzonte creativo per lo più fermo (tranne alcune eccezioni) alle produzioni della prima metà del '900 quando il designer cambiò il volto del vetro muranese. Una quiescenza della Murano di oggi sottolineata anche dal curatore delle Stanze del Vetro, Marino Barovier, che sogna un rilancio dell'isola. «Servirebbe una spinta - spiega - a sperimentare ancora la materia del vetro come accadeva ai tempi d'oro, quando la Biennale ospitava i designer muranesi nel Padiglione Venezia». Ma il presidente della Biennale Paolo Baratta non è d’accordo e in previsione della prossima kermesse risponde: «Fare mostre sulla base di un materiale è per noi Biennale riduttivo. Noi prendiamo gli artisti, con qualunque materiale lavorino».

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