Addio a Eduard Limonov il rocker della letteratura russa

Scrittore, dissidente, politico, divenuto celebre fuori dal suo Paese grazie al libro di Carrère. Di recente aveva annunciato un contratto per un lavoro «già scritto»
Incontro con Eduard Limonov alla 31/a edizione del Salone Internazionale del libro presso il Lingotto di Torino, 12 Maggio 2018 ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Incontro con Eduard Limonov alla 31/a edizione del Salone Internazionale del libro presso il Lingotto di Torino, 12 Maggio 2018 ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

mosca

Eduard Limonov non c'è più. Molti stapperanno bottiglie, altri pure, ma per le ragioni opposte. Poeta, scrittore, dissidente, politico (ma soprattutto bastian contrario), Limonov è scomparso a 77 anni (pare) in una clinica privata (forse) dopo una lunga battaglia «oncologica». Ma poiché Limonov è Limonov, al momento non si sa di più e le cause della sua dipartita di preciso non si conoscono. La sua morte è stata confermata dall’ufficio stampa del partito “Altra Russia” del quale era leader, dopo che la notizia era stata data su Telegram dal deputato Serghei Shargunov. Limonov era stato ricoverato lo scorso ottobre per problemi di salute.

Si sa intanto che lo scorso 13 marzo aveva annunciato di avere firmato un contratto per un libro «già scritto»: l'ultimo colpo di teatro di un uomo vissuto senza farsi sconti.

Limonov, naturalmente, è stato reso celebre fuori dalla Russia dal fortunatissimo omonimo libro di Emmanuel Carrère, pubblicato in Italia da Adelphi nel 2012, forse primo caso al mondo di autore più celebre come personaggio che come scrittore. In realtà però in patria Eduard Limonov era conosciuto da tutti. Per i suoi libri, certo, ma anche per le sue incursioni nel reame della politica.

Sintetizzare i 77 anni di Limonov in scena è pressoché impossibile. Ci sono gli anni sovietici, l'ascesa dal nulla al glamour a colpi di parole, l'esilio americano, il periodo francese, il rientro dopo il crollo dell'Unione Sovietica. E ancora gli anni folli della politica “riformista”, combattuta dalla colonne del suo giornale Limonka (che significa bomba a mano, in russo) e dalle fila del suo partito, i Nazional-Bolscevichi (alias Naz-Bol). Una militanza - condivisa con Alexander Dugin, il filosofo ultranazionalista che viene spesso descritto come l'ideologo di Vladimir Putin - che nel 2001 gli è costata la galera, per attività sovversiva e anticostituzionale. Nato a Kharkov, in Ucraina, Limonov in principio ha infatti criticato Putin duramente - «ci ha rubato il programma» - ma in seguito, dopo l'annessione della Crimea nel 2014, lo ha in qualche modo riabilitato, benché sorpassandolo subito a destra. La sua posizione sulla questione ucraina era a dir poco integralista - «è un Paese di fantasia e finirà smembrato», disse - e, se fosse stato per lui, avrebbe inviato i tank russi in mezza Europa. «Vorrei morire in battaglia», raccontava.

In realtà Limonov si è spento in un letto di un (grande?) ospedale. Ma la lotta politica - così come la scrittura - non sono mai state troppo lontane dal suo baricentro, dato che aveva fondato un nuovo partito - l'Altra Russia - e più recentemente aveva aderito alle manifestazioni di protesta contro la riforma costituzionale ideata da Putin (e pochi giorni fa approvata dalla Duma) in modo da assicurargli il comando perpetuo.

Nell'ultimo periodo Limonov si era rimesso in viaggio, ospite nel 2018 del Salone internazionale del libro di Torino (era stata la prima trasferta all'estero, dopo che era rientrato in Russia negli anni Novanta), per presentare il romanzo autobiografico intitolato “Zona Industriale”. «Carrère? Ci saremo visti tre volte». Come dire: ha montato la panna. «Ma per me è stato fondamentale, mi ha fatto conoscere».

Realista, iconoclasta, pazzo come solo un russo pazzo può essere. Limonov ci mancherà. —

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