Addio Elsa Martinelli, la diva che incantò l’America

Aveva 82 anni. Lavorò con i più grandi del cinema da Kirk Douglas a Mario Monicelli
ROMA. Si potrebbe raccontare la vita di Elsa Martinelli, morta ieri a Roma a 82 anni, come una lunga favola tanto simile a quella di Cenerentola, compresa la scarpina fatata. Nel suo caso fu Gary Cooper ad accoglierla bevendo champagne in una scarpa della giovane diva come atto d'omaggio. Oppure pensando al modo «magico» in cui entrò nel jet-set, grazie al sarto Roberto Cappucci che la notò in una boutique di Via Frattina a Roma e subito la volle come mannequin per le sue sfilate; o ancora pensando al matrimonio aristocratico che la vide protagonista nel 1957 quando andò in sposa al conte Franco Mancinelli Scotti di San Vito, padre della sua unica figlia, Cristiana.


Ma tutto questo non rende davvero omaggio alla ragazza di Grosseto, settima di otto figli, che aveva un padre ferroviere e una madre casalinga, eppure seppe costruirsi con naturalezza un'aura di eleganza e di sobria eccezionalità, tanto diversa dalle belle italiane della sua generazione, quella delle «maggiorate». Invece Elsa Martinelli, nata il 30 gennaio 1935, incarnò un fascino opposto e davvero poco italiano: magra, slanciata (era alta 1.76), capace di atteggiamenti da maschiaccio e portamento da gran dama, assomigliava più all'idea di divismo di Audrey Hepburn che alle Miss Italia degli anni '50. Cassiera al bar o infilatrice di perline per aiutare l'economia di famiglia, finì quasi per caso sulle riviste di moda, entrò per scommessa nel mondo del cinema (le prime apparizioni nel '53 con “Se vincessi cento milioni” di Carlo Campogalliani), approdò sulle pagine della rivista Life e venne notata da Kirk Douglas, suo pigmalione per “Il cacciatore di indiani “di André de Toth del '55. A quell'epoca non era facile per una piccola italiana approdare nel firmamento hollywoodiano benché a più d'una fosse pagato il biglietto di sola andata. Elsa Martinelli fece però subito eccezione: con testardaggine e spirito allegro quanto anticonformista si fece immediatamente adottare dalla comunità dello star system. Piacque a registi e produttori, trovò in John Wayne un ammiratore tanto discreto quanto convinto e in Frank Sinatra un amante tanto passeggero quanto entusiasta. Ma la ragazza (nel '56 aveva appena 21 anni) usò il biglietto di ritorno in Italia per seguire Mario Monicelli che le proponeva un ruolo da protagonista in Donatella. Oltre settanta film con i migliori registi attori: con Roger Vadim (Il sangue e la rosa, 1960), Orson Welles (Il processo,1962), Henry Hathaway (Il grande safari, 1963), Elio Petri, fino a L'amica di Alberto Lattuada, 1969).


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