Addio Livio Gusmitta insegnò chitarra ad Adriano Celentano



Quei concerti sulle navi assieme a un giovanissimo Silvio Berlusconi, le lezioni di chitarra impartite a Celentano e quel brano interpretato da Tony Dallara che furoreggiò in Giappone. Ne aveva di ricordi, e tutti eccellenti, ma rimpianto e modestia non davano quasi mai respiro ai racconti di vita di Livio Gusmitta, l’artista triestino scomparso nei giorni scorsi dopo una breve malattia. I funerali si svolgeranno oggi, alle 9, nella chiesa di Notre Dame Sion. Classe 1936, approdato ben presto a Milano in seguito alle trame della carriera del padre, funzionario del Credito Italiano, Gusmitta disegna la sua giovinezza respirando l’arte ma senza scordare lo sport, passando dal calcio, nelle giovanili del Milan, alla boxe e ai tuffi. Versatile quindi, come spesso accadeva tra i giovani di una Milano non ancora da bere a cavallo degli anni ’50 ma venata di risorse, strade e progetti. Livio Gusmitta opterà tuttavia per la musica, la chitarra soprattutto, con cui canta e compone. Sarà questa la sua strada, ma non l’unica, visto che anche all’Università le cose funzionano e la laurea in Farmacia arriverà poco dopo i 21 anni. Il camice dovrà attendere. Perché per Livio Gusmitta, dotatosi nel frattempo del pseudonimo di Tito Livo, prevale la musica, passione coltivata prima nei piccoli ritrovi e poi a bordo delle navi da crociera, dove avrà modo di suonare in un gruppo dove si esibisce anche un certo Silvio Berlusconi. A Milano i primi veri successi. È qui che si imbatte in un giovane dalla belle speranze, talentuoso ma acerbo. Si chiama Adriano Celentano e Tito Livio non solo gli insegnerà gli accordi giusti ma lo seguirà in tournée e persino davanti alla telecamera, in qualche pellicola di quelle che all’epoca si chiamavano “Musicarelli”. Arriva poi l’incontro con Jannacci e quella canzone per Tony Dallara, “Come Noi”, lato B di “Bambina Bambina”, il brano che trionfò a Canzonissima del ’61 ma fu riletto e apprezzato soprattutto sul mercato giapponese. A Trieste tornerà dopo la morte del padre, dedicandosi solo alla famiglia e chiudendo anzitempo il suo rapporto con la musica. Schivo, modesto e dolce. Emblematico quanto successe a Trieste nel 1979, in occasione del concerto di Celentano al “Grezar”, quando il “molleggiato” arriverà con un’ora di ritardo. Il motivo? La cena “prolungata” sulle Rive sfociata nelle ritrovate confidenze con il suo ex chitarrista. Fu lì che Celentano, abbracciando Francesco, il figlio di Livio, ora attore e regista, confessò: «Tuo padre mi ha dato moltissimo, tu non sai quanto gli devo...».

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