Al Rossetti di Trieste arriva “Mammut”: distopia nerd sul rapporto tra umani e AI
Alla sala Bartoli l’ultima parte della trilogia di Fartagnan

Sempre più automatizzati, alienati e bloccati sul posto sebbene di corsa, sì, ma almeno in chiave comica e “pop”. oggi, 29 aprile, alle 19.30 e mercoledì 30 alle 21 alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti, per la rassegna di teatro contemporaneo dello stabile regionale, sale in scena il “Mammut” di Fartagnan Teatro, con passi leggeri, ma pronti a lasciare il segno. Lo spettacolo esplora attraverso la risata, e con toni talvolta grotteschi, il tragico rapporto fra l'uomo e le intelligenze artificiali, alla ricerca della propria identità, l’umano ma forse non soltanto lui.
La drammaturgia è di Rodolfo Ciulla, la regia è collettiva e lo spettacolo è interpretato da Federico Antonello, Luigi Aquilino, Maria Canal e Andrea Sorrentino. Fred è un agente immobiliare in un futuro in cui ci si destreggia fra blackout energetici, nella prospettiva della colonizzazione di Marte. Il pianeta rosso è comunque già diventato un’enorme affare di speculazioni edilizie e Fred lavora incessantemente, in perenne stato di burn out. Rinchiuso tra quattro mura in un appartamento di una grande città, convive con le sue intelligenze artificiali dall’aspetto umanoide.
Gli è particolarmente caro Mammut, un dispositivo avanzato che simula il carattere e rielabora i ricordi del suo migliore amico, la cui morte è stata la causa di un tracollo emotivo. Elettra, la domotica di casa, esegue tutti i desideri di Fred, senza battere ciglio, tra le incursioni del cognato del protagonista, Gonzalo, uno scienziato geniale che sogna di vincere il Nobel, se solo sarà in grado di costruire un’intelligenza artificiale che sia dotata di coscienza. Intanto Sonny, sosfisticata A.I. specializzata nell’assistenza agli esseri umani, inizia a manifestare una propria volontà nonché una passione per il senso dell’umorismo.
Con “Mammut” la compagnia conclude la sua trilogia distopica iniziata nel 2017 con “APLOD”. I Fartagnan sono giovani artisti diplomati alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, all’Accademia dei Filodrammatici di Milano e all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Affermano di rivolgersi a un particolare tipo di pubblico, anzi forse di “non pubblico”, ovvero a chi a teatro di solito non va. Intendono, parole loro: «Fare teatro per i nerd, per i collezionisti di selfie, per i tubenauti solitari, per i seguaci del DioNetflix, per coloro che amano carnalmente il loro divano, i gamers notturni, per chi conosce a memoria tutte le puntate dei Simpsons, per i fedeli al subwoofer, per chi fa pellegrinaggio ad Amsterdam e al LuccaComics».
E anche e soprattutto «per quelli che sanno com’è costruita una spada laser, ma non conoscono la differenza fra uno scenografo e uno sceneggiatore». Le premesse sono buone, visto che probabilmente lo stereotipo dello “spettatore medio” può stare stretto anche ai più abituali frequentatori delle sale teatrali. E anche considerando quanto, riguardo al tema esplorato in “Mammut”, chiunque, oggi, possa sentirsi più o meno immerso nell’inquietante sensazione di una “distopia” troppo a portata di mano, anzi di click, rapido scorrimento e di dialogo aperto più con artificiali entità che con il proprio vicino di casa. I Fartagnan hanno una loro maniera, con acuta ironia contaminata di cultura pop, di indagare e raccontare il presente, attraverso il ritmo incalzante della situation comedy, certi che sia il linguaggio più efficace per rappresentare la contemporaneità.
Riproduzione riservata © Il Piccolo