Addio Mike Nichols, Oscar per “Il laureato”

Se c’è un film che ha cambiato il mondo, questo è “Il laureato”, con il quasi debuttante Dustin Hoffman studente ribelle, diretto nel 1967 da Mike Nichols. Il leggendario regista, premio Oscar per quel capolavoro e candidato altre quattro volte ("Chi ha paura di Virginia Woolf?", "Working Girl", "Quel che resta del giorno", "Silkwood"), legato al clan Kennedy, è morto ieri “inaspettatamente” a 83 anni nel rimpianto di più generazioni di cinefili e di tutti i cosiddetti “baby boomers”. L’ultimo lavoro di Nichols, al termine di una longeva carriera di autore perfettamente calato nell’industria hollywoodiana, era stato “La guerra di Charlie Wilson” del 2007 con Tom Hanks. Ma il ricordo di tutti è andato immediatamente a quella commedia graffiante e struggente di cinquant’anni fa ambientata a Berkeley, deflagrata fra i giovani di tutto il mondo all’alba del Sessantotto, di cui la colonna sonora di Simon & Gurfunkel rappresenta solo uno dei tanti tasselli indimenticabili.
“Il laureato” ha rappresentato una svolta epocale, dando voce al disagio giovanile, al rifiuto della vita borghese e del sistema sociale, del quale faceva parte allora anche la guerra in Vietnam. Il primo segnale arrivò proprio da Nichols, regista di origini tedesche, ex Actors’ Studio, formatosi al cabaret e splendido direttore d’attori, già abbastanza noto grazie all’esordio "Chi ha paura di Virginia Woolf?" con Liz Taylor e Richard Burton. “Il laureato” è un racconto di iniziazione – sessuale e sociale – che trasformò Dustin Hoffman in un divo. Con i toni del grottesco, il film demolisce i miti della borghesia statunitense (la sicurezza economica, la carriera, il dio denaro) basandosi anche sulla memorabile interpretazione di Anne Bancroft, maliarda alcolizzata che incarna in modo seducente e orribile tutto “il vecchio” della società.
L’happy-end del “Laureato” viene tuttavia disatteso nel successivo film di Nichols “Conoscenza carnale” – sceneggiatura del caustico cartoonist Jules Feiffer – dove la nuova generazione torna, ma ancora tormentata dall’inquietudine e dalla carne. La crudezza del film, che fece scandalo, testimonia la persistente insicurezza e la fragilità dei giovani, nonché una più generalizzata – e forse mai risolta - crisi morale.
Paolo Lughi
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