Addio Ultra Violet, la musa di Warhol che rinnegò droga e sesso

NEW YORK. Addio a Ultra Violet: Isabelle Collin Dufresne, musa e interprete di quasi tutti i film di Andy Warhol, è morta a 78 anni di cancro. Francese di nascita, amica e ispiratrice di Salvador Dalì, grande bellezza tra le superstar della Factory, Isabelle viveva tra Manhattan e la Costa Azzurra.
Data per clinicamente morta dopo un incidente del 1973 era rinata per dedicarsi alla religione e allo studio della Bibbia. Negli anni ’80 aveva rinnegato l'uso di droga e il sesso orgiastico dei giorni della Factory, si era cosparsa il capo di cenere e aveva aderito alla Chiesa di Gesù dei Santi dell'Ultimo Giorno. Da artista aveva però lavorato fino a poco prima della morte: tre settimane fa ha chiuso i battenti la mostra «Ultra Violet: The Studio Recreated» che aveva attirato con una selezione di dipinti, sculture, stampe ispirate alle stragi dell'11 settembre una folla di fan nella Dillon Gallery di Chelsea. Ma l'opera d'arte migliore di Ultra Violet fu in realtà lei stessa: sottoposta dalla sua famiglia a esorcismo a 15 anni, internata in una carcere minorile a 16, a 20 anni Isabelle fuggì a New York dove divenne la musa di Dalì, poi amica intima dei vip dell'espressionismo astratto: Rauschenberg, Johns, Lichtenstein e Stella.
Nel 1964, nello studio di Dalì, l'incontro decisivo con Warhol: 17 sono le pellicole in cui lei è protagonista a partire da «The Life of Juanita Castro». Ultra Violet ha lavorato anche per John Schlesinger, Milos Forman, Norman Mailer, Woody Allen e James Ivory. «Famous for Fifteen Minutes», il suo bestseller del 1988 tradotto in dodici lingue, traccia un ritratto affettuoso del padre della pop art ma confessa di esser sopravvissuta «solo grazie alla fede» e rivela i nomi dei suoi molti amanti, tra cui Ed Ruschka, Forman e il ballerino Rudolf Nureyev.
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