Al teatro Bobbio di Trieste “La roba” di Verga: sul palco il grande tema dell’avidità
Guarneri nei panni del padrone Mazzarò: «Anche lui un vinto»

TRIESTE Bastano due parole, poche sillabe, “La roba”, per rievocare un universo ritratto da Giovanni Verga, il suo Mazzarò e i suoi vinti della Sicilia della fine dell’800, travolti dalla “fiumana del progresso”, sconfitti, emarginati, piegati dagli eventi a una sorte di stenti e miseria, e aggrappati ai beni materiali nella lotta per la sopravvivenza.
E “La roba” è appunto lo spettacolo in scena al Teatro Bobbio, da oggi (giovedì 23 marzo) a sabato alle 20.30 e domenica alle in replica pomeridiana alle 16.30, decimo appuntamento in abbonamento della stagione de La Contrada.
Enrico Guarneri veste i panni iconici dell’avido protagonista, con la regia di Guglielmo Ferro, accompagnato in scena dai nove attori della compagnia di Progetto Teatrando, Giampaolo Romania, Nadia De Luca, Francesca Ferro, Rosario Marco Amato, Elisa Franco, Alessandra Falci, Gianni Fontanarosa, Giuseppe Parisi e Maria Chiara Pappalardo.
Il tema dell’attaccamento ai beni materiali e l’avidità dell’essere umano sono ancora di grande attualità e per i cento anni dalla morte dello scrittore siciliano Micaela Miano ha compiuto un lavoro di rielaborazione drammaturgica originale di alcune delle novelle più celebri, non solo “La roba” ma anche “Jeli il pastore” e “Nedda”.
«Si parte – racconta Enrico Guarneri - dalla novella che dà il titolo allo spettacolo, un inno alle bellezze dei luoghi filtrati dagli occhi e dalla mente di Mazzarò col suo patologico attaccamento alla “roba”. Ma visto che il suo feudo è immenso, l’autrice e il regista hanno avuto l’intuizione di inserire in quel contesto anche le drammatiche vicende corrispondenti alle altre due novelle. E tutto fa capo a Mazzarò, il padrone». «È lui - continua Guarnieri -. che decide come vanno le cose, in una scenografia che è come un’enorme zolla di terra, con un albero, un ulivo secolare».
Un universo si muove come si muove Mazzarò, che controlla, verifica, guarda sempre il suo, temuto da tutti.
Il padrone non fa altro che girare per le campagne, e mentre gli altri, nella più cupa povertà, faticano a sopravvivere. Ma ricordano il concetto del desiderio, materiale che sia, e per il loro padrone il desiderio stesso sta tutto nella sua roba.
«Diventa una creatura – sottolinea ancora l’attore - mentre gli esseri umani diventano cose, anzi “bestie immonde”, che hanno un qualsiasi valore solo se corrispondente alla forza delle loro braccia». La vita di Mazzarò è stata sangue, sudore, fatica e rinuncia e per lui la sua roba, accumulata “pezzullo dopo pezzullo”, va custodita, curata, accarezzata, nutrita. Il denaro non gli serve per vivere, concedersi qualche piacere, ma solo per mantenerla. Guarneri, attore poliedrico che spazia tra diversi ruoli dal registro ora drammatico, ora comico e grottesco, sempre per la regia di Guglielmo Ferro (figlio di Turi Ferro) dalle opere di Verga è già stato “Mastro Don Gesualdo” e padron ‘Ntoni nei “Malavoglia”. Personaggi diversi, ma comunque nello stesso alveo.
«Il ciclo dei vinti - conclude l'attore - è sintomatico fin dal titolo: è un vinto anche chi sembra vincitore. Mazzarò è come un sasso duro, grossissimo, che sopravvive mentre gli altri sono costretti a soccombere e schiaccia tutto e tutti, ma alla fine anche se stesso. E si rende conto di morire con l’anima dannata perché sta lasciando tutta la sua roba». Biglietti al Bobbio, al TicketPoint, sulla App gratuita della Contrada e on line su contrada.it e vivaticket.it.
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