Alighiero Tondi il gesuita comunista che si spretò, sposò e tornò alla tonaca

Il giornalista Matteo Manfredini ricostruisce per Rubettino un personaggio scomodo, controverso, morto in solitudine



Nell’aprile del 1952, in piena campagna per le elezioni del comune di Roma, un gesuita della Pontificia Università Gregoriana, Alighiero Tondi, abbandona platealmente la Compagnia di Gesù per aderire al Partito comunista italiano, annunciando di voler rivelare presunti segreti del Vaticano. Scandalo tra i cattolici, soddisfazione tra i compagni, che si fregano le mani pensando a come sfruttare politicamente quella clamorosa conversione. Inizia così una vicenda quasi incredibile e, fino a oggi, praticamente sconosciuta. Rimossa da tutti, tanto imbarazzante doveva essere stata. E sì, perché dopo aver a lungo lodato il marxismo e parlato male del Vaticano in affollatissimi comizi che il Pci gli preparava in giro per il paese, Tondi decise, ormai anziano, di fare un ulteriore dietrofront e di tornare alla tonaca. Non prima di essersi sposato con una deputata del Pci, con tanto di servizi fotografici sul settimanale ‘Tempo’. Personaggio controverso, scomodo, del quale per anni nessuno aveva voglia di parlare, Tondi viene oggi riportato in luce dal giornalista Matteo Manfredini ne ‘Il gesuita comunista’ (Rubbettino, pagg 285, euro 15).

La vita di Alighiero Tondi, scrive Manfredini, sta in bilico tra due mondi. “Da una parte c’è l’aspetto privato, un’esistenza romanzesca, senza certezze, costellata da crisi psicologiche e da decisioni impulsive, dall’altra il suo coinvolgimento pubblico tra ideologie opposte e contraddittorie in lotta tra loro e che alimentano una storia enigmatica”.

Per capire la vicenda Tondi bisogna calarsi nel clima dei primi anni Cinquanta. Un’Italia in piena guerra fredda in cui lo scontro tra Dc e Pci era ai massimi livelli. Don Camillo e Peppone erano il volto popolare e simpatico di una battaglia che invece si svolgeva come una spy story, senza esclusione di colpi. Come dimostra, ed è una delle rivelazioni del saggio di Montanari, l’attività di informatore che Tondi condusse per conto dei comunisti prima del suo ingresso ufficiale nel partito. Un periodo in cui, incoraggiato dai vertici del partito, Togliatti in testa, il gesuita passava al Pci documenti top secret sulle attività antisovietiche del Vaticano.

Tondi, nato a Roma nel 1908, iniziò a insegnare alla Università Gregoriana nel 1944. Nel tempo libero dipingeva, un suo quadro venne acquistato dal presidente Einaudi, e gli piaceva la politica. Nei primi anni Cinquanta partecipa alla tessitura di un’alleanza tra la Dc e le destre per impedire la vittoria dei comunisti nelle elezioni amministrative del comune di Roma. Incontra in segreto fascisti e monarchici, va a casa del maresciallo Graziani. Un’operazione che avrebbe creato enormi difficoltà al governo presieduto da De Gasperi e che fu bloccata in extremis da Pio XII. Anche per questo, la conversione al comunismo del gesuita romano, a cui fece seguito il suo matrimonio con Carmen Zanti, un’attivista comunista, riempì pagine di giornali in Italia e all’estero e preoccupò una sponda e l’altra del Tevere. Anche perché Tondi faceva intendere di essere in possesso di documenti scottanti e di essere pronto a usarli. Anche se poi si limitò, nei suoi articoli sull’Unità o nei comizi, a ripetere la vulgata comunista contro il Vaticano.

Finita la fase più acuta della guerra fredda, calmate le acque, di Tondi non si parlò più, anche perché fu mandato dal Pci a insegnare nella Germania dell’Est. Lì iniziò per lui un lento cammino di ripensamento, che lo portò a chiedere, già nel 1965, sinceramente perdono alle autorità ecclesiastiche. Tondi ottenne proprio da papa Montini la sanatio in radice del suo matrimonio e, nel 1980, rimasto vedovo, fu reintegrato nel clero di Reggio Emilia.

Spirito ingenuo, istintivo, vittima dei suoi impulsi e delle proprie contraddizioni, Tondi morì in solitudine, dimenticato da tutti. —

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