“Amarcord” e “Salò” luccicanti di restauro di nuovo sul red carpet

VENEZIA. Rischia sempre di smarrirsi, nella girandola vertiginosa della Mostra, la sezione "Venezia Classici" dedicata alla riscoperta e al restauro di film che hanno costruito la storia del cinema. Qui invece si concretizza un'occasione unica di verifica e diffusione di un patrimonio culturale e linguistico che, distanziato nel tempo, ritrova tutta la propria indispensabilità e il proprio splendore. E c'è una novità: al maestro francese Bertrand Tavernier, che riceverà il Leone d'oro alla carriera, è stata data "carte blanche" per comporre in quattro titoli la propria crestomazia personale. E Tavernier ha scelto "Sonnenstrahl" (Viva la vita, 1933), dell'ungherese Paul Fejos, struggente love story sullo sfondo della Depressione, "Pattes blanches" (1948) di Jean Grémillon, noir disperato su sceneggiatura di Jean Anouilh, "La lupa" (1953) di Alberto Lattuada, sanguigna rilettura della novella di Verga, e "A matter of life and death" (Scala al Paradiso, 1946) di Michael Powell e Emeric Pressburger, fiammeggiante e visionario melodramma metafisico. A questa selezione si aggiungeranno titoli noti e meno noti, a comporre una retrospettiva filologicamente rigorosa e culturalmente preziosa. Si comincia domani con "Vogliamo i colonnelli" (1973) di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi, spietata satira del golpismo neofascista, e poi con "Aleksandr Nevskij" (1938) di Sergej Ejzenstejn con le leggendarie musiche di Prokof'ev, pietra miliare del cinema epico sovietico. Fra gli altri titoli imprescindibili c'è il dittico dedicato allo sceneggiatore e regista americano William K.Howard, "The power and the glory" (Potenza e gloria, 1933) con un giovane Spencer Tracy, e il dramma giudiziario "The trial of Vivienne Ware "(1932); ma sul grande schermo della Mostra, luccicanti di restauro, torneranno anche l'"Amarcord" di Fellini, "Salò o le 120 giornate di Sodoma", il commiato "maledetto" di Pasolini, "I mostri" di Dino Risi, agghiacciante polittico di umorismo nero sui vizi italiani nell'Italia del boom, "Le beau Serge", che nel '58 segnò il debutto di Claude Chabrol, "Léon Morin prete" di Melville con Belmondo e il capolavoro di Ernst Lubitsch "Il cielo può attendere".
Va ricordato anche un ricco comparto di documentari sul cinema e i suoi protagonisti: tra cui "Helmut Berger, actor" di Andreas Horvath, "Alfredo Bini, ospite inatteso" di Simone Isola su una figura di produttore centrale nel cinema italiano degli anni '60, "Jacques Tourneur, le médium-Filmer l'invisible" di Alain Mazars su un maestro del noir più perturbante, "Mifune: the last samurai" di Steven Okazaki, e "Dietro gli occhiali bianchi" di Valerio Ruiz, su Lina Wertmüller.
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