Ambrosoli: «La memoria collettiva è a rischio»

TRIESTE. «Internet, con le sue banche dati e i suoi motori di ricerca sta diventando un enorme archivio incontrollabile, dove c’è possibilità di inserire qualsiasi tipo di informazione. Oggi possiamo ancora discernere in base alla qualità delle fonti, ma in futuro le cose potranno farsi inquietanti: parlo di capacità di controllo della rete e conseguente possibilità di indirizzare il verso della memoria collettiva». Umberto Ambrosoli, avvocato, politico e saggista, quando parla della rete sembra disegnare un futuro dai contorni distopici, ma la sua ipotetica rappresentazione della società interconnessa di domani mette in guardia da pericoli che sono concreti e oggetto da tempo di dibattito fra esperti del digitale e storici. Ne parlerà a Trieste Next, domenica 25 settembre, alle 16.30, al Teatro Miela assieme a Massimo Sideri (modera il direttore de Il Piccolo, Enzo D'Antona), in un incontro incentrato sull'influenza del web nella costruzione della memoria collettiva.
Internet ha mutato il modo attraverso cui una società si informa e costruisce quindi l'immagine del proprio passato?
Oggi più si clicca su un'informazione, più i motori di ricerca la faranno apparire in alto. Internet è apparentemente uno strumento più diretto e meno filtrato dei precedenti mezzi di informazione, ma il rischio è confondere la notorietà con la verità.
Cosa cambia rispetto alle fonti di informazione tradizionali?
La rete può essere consultata in modo più intuitivo, ma ti fa perdere in masse impressionanti di informazioni, dove si pone il grande problema dell’autorevolezza delle fonti. Siamo diventati troppo pigri per arrivare fino alla fonte originale e ci accontentiamo delle rielaborazioni, con i rischi conseguenti.
A Trieste lei parlerà proprio di alterazione delle fonti, attraverso il diritto all’oblio...
La legge italiana prevede il cosiddetto diritto all'oblio: il diritto cioè di chiedere prima ad un motore di ricerca e poi all'autorità competente la rimozione del materiale online che ci riguarda. Penso che questo diritto possa in alcuni casi alterare le fonti e quindi la memoria storica.
Si spieghi.
Se applicato a casi di cronaca connessi a eventi che un domani meriteranno di essere storicizzati, il diritto all'oblio modificherà inevitabilmente le fonti e gli storici avranno informazioni incomplete. E poi c'è sempre la possibilità di alterare intenzionalmente le conoscenze in rete...
In che senso?
Avendo risorse economiche importanti si può immettere sul web una mole gigantesca di informazioni: simili a quelle corrette, ma contenenti ciò che desidero io. E così la verità si annacqua e dati falsi possono salire in cima ai motori di ricerca. In questo modo chi ha potere potrà dare di sé l'immagine che vuole o disinformare su fatti storici come l'Olocausto, tanto per fare un esempio.
Resta però il diritto del singolo a cancellare informazioni imbarazzanti su di sé. Prenda il suicidio di Tiziana Cantone dopo la diffusione di un video erotico.
Dobbiamo distinguere fra diritto alla privacy e interesse pubblico futuro. È sacrosanto poter cambiare la propria identità e non vedersi macchiati da fatti del passato. In questo caso deve prevalere il diritto alla privacy perché non si tratta di un episodio rilevante in prospettiva storica, ma così non è in altri casi.
Altri casi, appunto. Lei è figlio di Giorgio Ambrosoli, fatto uccidere nel 1979 da Michele Sinsona. Non posso non chiedere se il diritto all’oblio vale anche per gli assassini...
Chi partecipa a un fatto di cronaca così rilevante, che incide sulla società, non può "cancellarsi". Il nome del mandante serve allo storico per capire il percorso di violenza seguito dal singolo ma anche la strategia che coinvolgeva una serie di poteri forti, in una precisa fase storica del nostro paese.
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