Andrea Segré a Pordenonelegge: tredici storie di sopravvivenza

Il nuovo saggio dell’agronomo triestino scritto assieme a Ilaria Pertot

Un’indagine sul fenomeno in forte crescita dell’ “impoverimento alimentare”

Giulia Basso
L’agronomo ed economista triestino Andrea Segré, docente all’Università di Bologna
L’agronomo ed economista triestino Andrea Segré, docente all’Università di Bologna

Perché il latte a lunga conservazione, elaborato e proveniente dalla Germania, costi meno di quello fresco per Adelma continua a rimanere un mistero: nonostante il figlio le abbia illustrato il funzionamento delle economie di scala, le sembra davvero poco convincente come spiegazione. Ogni settimana lei, che da pensionata ha tanto tempo e pochi soldi, ne investe una parte per farsi una lista della spesa ragionata, con tutte le offerte trovate sui volantini: così nutrirsi le costa un poco meno. Ma non di rado c’è da buttare di più, perché gli alimenti in offerta spesso sono vicini alla scadenza e iniziano a deteriorarsi. I giovani Ahmed, Said e Khaled invece, ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, si preparano a fare un po’ di festa: vanno al discount e, come farebbero i loro coetanei globalizzati, riempiono il cestino con lattine di birra e snack, decisamente poco salutari ma a portata delle loro tasche. Quanto a Francesca, mamma single e architetto, non è facile per lei arrivare a fine mese lavorando a partita iva, ma ci tiene all’alimentazione del figlio: perciò per lui acquista sempre frutta e verdura biologica e cibi sani. Peccato che per lei invece compri quasi solo pasta: alla stanchezza che la assale quotidianamente cerca di far fronte con gli integratori, ma l’amica nutrizionista le ha detto chiaramente che non sostituiscono un’alimentazione equilibrata e variegata.

Sono soltanto tre delle tredici storie riunite nel saggio La spesa nel carrello degli altri. L’Italia e l’impoverimento alimentare (Baldini-Castoldi, 19 euro, 192 pagine), scritto a quattro mani dall’agronomo ed economista triestino Andrea Segré, docente all’Università di Bologna e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, e da Ilaria Pertot, esperta di produzione agricola sostenibile e docente all’Università di Trento. Il volume, che sarà presentato dagli autori, moderati dal giornalista Alberto Bollis, vicedirettore esecutivo di Nem - Nord Est Multimedia, domenica 22 alle 19, nell’ambito del festival PordenoneLegge, è un’accurata indagine sul fenomeno dell’ “impoverimento alimentare”: una condizione di squilibrio alimentare sofferta da una platea molto ampia di persone, in forte crescita in Italia.

Ne nasce un libro che, come spiega il Cardinale Matteo Maria Zuppi nella prefazione, “ci aiuta a capire ... cosa mangiano i poveri e quindi a cercare noi la risposta, a fare nostra la loro fame. E farlo ci aiuta a capire l’importanza del cibo, a vivere meglio, perché nella condivisione siamo tutti saziati, non tutti affamati!”.

L’indagine opera seguendo due metodi, paralleli e complementari: da un lato ci sono i freddi dati, che aiutano a inquadrare il problema ma non lo fotografano appieno, pur evidenziando alcune significative tendenze, dalla diminuzione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione alla crescita lenta, ma costante, della povertà; dall’altro c’è l’approccio storiografico, che gli autori hanno preso in prestito da Giovanni Levi e Carlo Ginzburg, quella microstoria che consente di scavare nella realtà più nel dettaglio rispetto alle mere statistiche, e che è in grado di coinvolgere i lettori come i numeri non sapranno mai fare. La premessa parte dalle rilevazioni degli ultimi anni, che mostrano una nuova tendenza, per certi versi controintuitiva: i ceti meno abbienti della popolazione, quelli più colpiti dall’inflazione alimentare, sprecano il doppio rispetto agli altri.

Le cause sono da ricercare nell’abbassamento della qualità dei prodotti, come nel caso della frutta in offerta prossima al deterioramento, che porta a uno spreco quantitativo. In più il consumo di alimenti poco costosi, ma di basso valore nutrizionale, si riflette sul peggioramento della salute.

Ma il reddito disponibile non è l’unico elemento che condiziona la possibilità di alimentarsi in modo sano: “La spesa nel carrello degli altri” ci aiuta a capire molto del rapporto che abbiamo con il cibo: quanto nei nostri acquisti incidono le più strambe credenze alimentari, quanto pesa il marketing, quanto lo stile di vita e il tempo a disposizione per prepararsi i pasti, quanto il luogo dove si vive. E lancia una provocazione, su cui è decisamente il caso di riflettere. Viviamo da tempo in una “iperbolla alimentare”, con la tv piena zeppa di programmi fotocopia in stile Masterchef e il web di food-blogger, e continuiamo a vantarci della qualità del cibo “made in Italy”. Ma cosa portiamo alla fine sulle nostre tavole? Forse anziché concentrarci unicamente sull’aumento dell’esportazione di cibi di qualità, dovremmo seriamente preoccuparci di elevare il livello qualitativo del nostro consumo domestico, che diminuisce anno dopo anno.

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