Antonio Albanese: «Non mi piace la tivù l’Italia si svela a teatro»

«Torno volentieri a Trieste per il nuovo inizio di tournée: è una città molto teatrale, mi piace per questo». Antonio Albanese è ancora in pista per “fare festa” con il pubblico che lo ama e che ama soprattutto i suoi “personaggi”, come Epifanio, Cetto La Qualunque, Alex Drastico o Perego. Il Rossetti è la prima tappa del nuovo tour italiano dello spettacolo che s’intitola, appunto, “Personaggi”, rappresentandone una “summa”, in una versione arricchita e rinnovata. Salirà sul palco del Politeama Rossetti domani ( biglietti ancora in vendita), per proseguire al “Giovannone” di Udine il 28 ottobre (inizio spettacoli ore 21), dove Antonio ha già incassato un tutto esaurito in prevendita. «Abbiamo ripreso questo lavoro – spiega il celebre comico e scrittore lombardo –, da un lato perché abbiamo colto il desiderio del pubblico di rivederlo, dall’altro perché avevamo voglia di rifarlo, con la gioia di sempre». Scritto con Michele Serra, “Personaggi” racconta l’Italia contemporanea, pur riportando in scena idee nate anche vent’anni fa.
Insomma è uno spettacolo sempre attuale?
«Attualissimo, ma sgomberiamo subito il campo: non sono mai stato un esperto di politica, mi appassiona molto di più la società. I singoli politici alla ribalta non li ho mai trovati interessanti. Preferisco Alex Drastico, un uomo con tre figli che si trova senza lavoro, l’imprenditore che sgobba 16 ore al giorno, il Ministro della Paura. Alcuni di questi personaggi sono nati da oltre vent’anni: non è cambiato proprio niente».
Certo, ma come giudica il momento politico che stiamo vivendo?
«Oggi in Italia siamo a un quarto d’ora da un esaurimento nervoso. Tuttavia, ci stiamo liberando dalle illusioni che ci sono state tatuate addosso per trent’anni e un certo fermento che si sta sviluppando lo apprezzo. Va superato, però, quel modo molto italiano che abbiamo di criticare tutto. Dovremmo, invece, affrontare questo momento difficile tutti insieme, con energia e speranza. Abbiamo attraversato i vent’anni più volgari della storia dell’uomo e forse ce li stiamo lasciando alle spalle».
Alcuni dei suoi “personaggi” sono stati profetici…
«Credo di sì. Cetto La Qualunque, ad esempio. Quando è apparso, sono stato molto criticato. Mi dissero che avevo ‘esagerato’. E invece oggi Cetto sembra un moderato…Il nostro lavoro consiste nell’osservare. Osservando intercettiamo con un certo anticipo molte tendenze».
E che dire di “Perego”, nato intorno alla fine degli anni Novanta?
«È uscito dall’osservazione del Nord, proprio quando questa parte del Paese, da Trieste fino a Torino, era l’area più ricca d’Italia e una delle più ricche d’Europa. Quando, però, s’incrociava un imprenditore attivo 16 ore al giorno, si aveva l’impressione già allora che uno che lavora sempre non può essere una brava persona. Perché non può avere molta cura dei figli, non può né leggere, né studiare molto. Poi il Nord è entrato in crisi, si è ammalato. Questo è avvenuto perché ha abbandonato il futuro, la ricerca, lo studio. Ora, però, che c’è una crescente consapevolezza della necessità di tornare ai fondamentali».
A quale progetto sta lavorando?
«Con Michele Serra vorremmo fare uno spettacolo che sappia fare un po’ di ordine, dopo tanta confusione, parlando di nuovo di valori fondamentali e di punti di riferimento. È molto difficile scrivere su un argomento del genere, ma partiremo da un uomo che attraversa una crisi esistenziale e religiosa: sente il desiderio di pregare, ma non trova la posizione giusta. E poi alla Scala di Milano farò tre repliche di una Cenerentola per ragazzi, come voce narrante, e la cosa mi dà molta gioia».
Non ha intenzione di tornare in tivù?
«No, non ci vado perché non mi diverte. C’è la nevrosi quotidiana di raccontare solo quello che hanno già detto altri il giorno prima. Io, invece, nella quotidianità mi rompo. A teatro è faticoso, ma attraverso gli sguardi, le risate, i silenzi e gli applausi del pubblico puoi scoprire davvero come sta andando questo Paese».
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