Ariella Reggio: «Sì, mi spoglio ma con la dovuta decenza...»

TRIESTE. Accanto all’esuberante calice del caffè shakerato un volumetto appena acquistato, “Knowledge workers. Dall’operaio massa al freelance”, perché lo ha scritto il saggista Sergio Bologna, suo compagno di classe al Petrarca. Ariella Reggio sfoglia ricordi liceali e pagine personali («Ho una sorella maggiore, Elena, ci vogliamo molto bene, e avendo lei tre figli sono zia ripetutamente...»), oltre che teatrali sempre dense di impegni. A cominciare da Polyxena Singer, il personaggio che incarna ora al Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez” nella seconda parte di “A Sarajevo il 28 giugno”, una performance a cura di Giulia Corrocher tatta dal libro omonimo di Gilberto Forti e da un’idea di Paolo Rumiz, cui prendono parte anche Paolo Fagiolo (Archivista Dunkelblatt), Adriano Giraldi (Botanico Bach) e Riccardo Maranzana (Padre Kowalski). In replica ogni venerdì e sabato, alle 21, fino al 22 agosto, sarà immersa negli splendidi valzer e altre musiche di Johann Strauß figlio e Franz Schubert, eseguite dal vivo dal Quartetto Iris (Laura Furlan ed Emanuela Colagrossi ai violini, Maria Lucia Dorfmann alla viola e Cecilia Barucca Sebastiani al violoncello). Lo spettacolo, inserito fra le manifestazioni estive del Comune di Trieste, è organizzato in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. I possessori del biglietto (7 euro, ridotti 5 euro, in prevendita al Ticket Point e al Museo a partire dalle 20 nelle sere di spettacolo) potranno visitare gli spazi museali.
«Già avevamo fatto l’anno scorso questa lettura, - spiega Ariella Reggio - ed è un modo bellissimo di animare il Museo Henriquez, un museo di cui essere orgogliosi. Finora c’è stata una bella affluenza, soprattutto di turisti. Noi siamo il secondo cast, sparso in quattro postazioni diverse e il pubblico ascolterà uno alla volta alcuni poetici racconti scritti in versi da Gilberto Forti. Sono personaggi deliziosi, immaginari ma rievocano la storia vera attorno all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando. E vengono fuori molto bene la sua figura, le sue manie, le sue passioni, le sue timidezze».
Chi è Polyxena Singer?
«È un personaggio a cui mi sto affezionando. Sono una signora non giovane che ricorda il suo ballo con l’arciduca Francesco Ferdinando a 19 anni. Lei poi ha sposato un ebreo americano e si è trasferita negli Stati Uniti, un mondo completamente diverso dall’altro. Ai suoi occhi l’arciduca era alto e agile, col viso esangue e la malinconia che hanno tutti i ritratti degli Asburgo. Era un uomo che ha avuto il coraggio di sposare con un matrimonio morganatico la donna che amava, una nobile decaduta non gradita all’imperatore. In una Maldobria c’è una scena che abbiamo fatto più volte Maria Grazia Plos, Marzia Postogna e io, in cui le donne cuciono un lenzuolo e dicono: “Ma cossa xè ‘sto matrimonio morganatico?”».
Quale dei nostri musei la incuriosisce?
«Vicino all’Henriquez c’è il Museo di Storia Naturale, che pare sia un’eccellenza. Confesso che devo ancora andare a visitarlo. Io avevo visto quello vecchio perché stranamente mio padre, quand’ero piccola, mi portava a veder musei. Mio padre non era coltissimo, era una persona comune, però a lui piaceva il Museo Revoltella e andavamo sempre al Museo di Storia Naturale, così ho un ricordo molto bello della mia infanzia».
Pronta a ricominciare?
«Prontissima... e anche un po’ osé perché Cristina Pezzoli mi ha scelto per un ruolo davvero carino nello spettacolo “Calendar Girls”, ma le foto sono ritoccate! È tratto da un film inglese del 2003 e la protagonista sarà Angela Finocchiaro con un cast al femmnile e due attori».
Ma si spoglierà sul palcoscenico?
«Con la dovuta decenza...questo non è uno streap-tease, è uno spettacolo di prosa. Non so ancora niente, cominceremo le prove in settembre. Abbiamo già avuto un incontro perché la produzione ci ha invitate in un albergo sul Lago Maggiore, abbiamo letto il copione e ci siamo conosciute».
Che la riporterà al Rossetti.
«Eh sì, capita che ritornerò al Rossetti, dove ho cominciato, e questo mi fa molto piacere. Naturalmente in primavera sarò sul palcoscenico del Bobbio per concludere il cartellone della Contrada con lo spettacolo in dialetto. Il 2016 sarà un anno importante perché La Contrada festeggerà 40 anni e saranno 10 anni dalla scomparsa di Orazio. Anch’io raggiungerò un bel traguardo, ma ‘spetemo perché no vojo dir in anticipo...».
È scaramantica?
«Abbastanza! Che facciano il conto i lettori: quando ho cominciato a lavorare con La Contrada avevo 40 anni e mi sembrava di averne venti da tanto entusiasmo e forza fisica che avevo. Orazio aveva dieci anni meno di me».
Solo teatro?
«C’è anche il set. Oltre al cortometraggio “La cura” di Andrea Andolina, presentato con successo a Cortina, ho preso parte al film “The Space Between” della regista friulano-australiana Ruth Borgobello, girato a Udine, e a “Gli ultimi saranno gli ultimi” di Massimiliano Bruni, con Paola Cortellesi e Alessandro Gassman. Sono la madre di Fabrizio Bentivoglio, che interpreta un poliziotto con un dramma alle spalle».
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