Ben Pastor rivela «Il mio Martin Bora lo porto a Trieste»
La scrittrice di bestseller oggi al Caffè San Marco annuncia la “location” di una delle sue prossime storie

Mentre sta per arrivare a Trieste - dove oggi, alle 18, converserà al Caffè libreria San Marco con Alessandro Mezzena Lona, -
Ben Pastor
annuncia che proprio qui ha intenzione di ambientare una delle prossime puntate del ciclo romanzesco che ha per protagonista il suo singolare detective, Martin Bora. Del resto con questo cognome (nomen omen) quella triestina era destinata a essere una tappa obbligata. Intanto negli ultimi mesi
Sellerio
ha mandato in libreria due volumi della scrittrice italo-statunitense, best-sellerista di fama mondiale:
“I piccoli fuochi” (pagg. 552, euro 15,00) e “Il morto in piazza” (pp. 424, euro 15,00)
. Il primo è un romanzo inedito, mentre il secondo è la riproposizione di un'opera di alcuni anni fa, il cui successo ha convinto l'editore a renderla nuovamente disponibile ai lettori.
In entrambi i casi, protagonista è Martin Bora, giovane capitano del controspionaggio militare e protagonista fisso dei thriller bellici di Ben Pastor. Nel nuovo romanzo arriva nella Ville Lumière per svolgere un incarico molto delicato: fare rapporto sulle strane mosse di Ernst Jünger, il grande scrittore, l’eroe della patria, l’amante della guerra, che però ha col regime di Hitler un infido rapporto. E sempre a lui toccherà investigare sulla misteriosa morte, avvenuta in Bretagna, della moglie di un capitano della Marina del Terzo Reich. Con “Il morto in piazza” siamo invece nel 1944. Lasciata Roma diretto a Bolsena, Bora viene catapultato a Faracruci, un paesino dell’Abruzzo, per una missione segretissima e rischiosa. Si tratta di recuperare dei documenti brucianti. A complicare la situazione, si intromette il cadavere di un giovane sconosciuto, trovato una mattina nella piazza del paese...
Classe 1950, italiana d’origine, naturalizzata americana (vive da molti anni nel Vermont, dove insegna Scienze sociali all'università), Ben Pastor è celebre per aver inventato questa saga suggestiva nell’imprevedibilità e nell’imprendibilità di genere, a metà tra giallo e romanzo storico.
Signora Pastor, come definirebbe la tipologia letteraria di questi suoi libri?
«Sono piuttosto postmoderna, e perciò considero le etichette come dei relitti aristotelici. Nei miei libri sono presenti entrambe le componenti, quella storica e quella investigativa, ma sono strutture che mi servono per lo scopo primario, che è quello di indagare la persona, quando essa si trovi a contatto con problematiche di ideologia, di fede o di onestà interiore. Sono questi i temi che mi interessa affrontare, e i generi sono funzionali a tale discorso, ben più profondo».
Come mai vedrebbe bene Martin Bora a Trieste?
«Perché trovo che Trieste sia una città affascinante sotto molti profili, e per questo assai romanzesca. È la sua dimensione mitteleuropea che mi sembra decisamente perfetta un personaggio come Martin Bora. Storicamente Trieste ha avuto un grande passato di porto imperiale, mentre poi con l'annessione all'Italia dopo la Grande guerra si è trovata a perdere la propria preminenza in tal senso, avendo il Bel Paese molte altre città marittime. Questo suo essere stata spodestata dalla sua posizione di primazia ha forse ridotto l'importanza economica della città, ma certamente non quella culturale, la sua grandezza d'animo, un po' velata e anzi resa più suggestiva dalla malinconia tipica di chi ha perso i privilegi di un tempo».
Pur essendo perfettamente bilingue, lei ha scelto, sin dall'inizio della sua carriera di narratrice, di scrivere in inglese. Perché?
«Perché l'inglese è una lingua concisa, duttile, precisa e insieme elegante. Certo, non posso nascondere che scrivere in inglese significa anche avere un pubblico potenzialmente molto più ampio di quello che avrei scrivendo in italiano. Ma ci tengo a sottolineare che non si tratta di una scelta per così dire "commerciale". È prima di tutto una questione di stile. Amo però molto anche l'italiano. Per le edizioni italiane dei miei libri pretendo i migliori traduttori, con i quali lavoro a stretto contatto, per chiarire loro eventuali dubbi interpretativi e offrendo una mia revisione al loro lavoro. Oggi nel mondo molte volte si sente parlare dell'Italia quasi soltanto per la cucina e per il calcio. Invece dobbiamo essere orgogliosi della nostra storia e della nostra cultura, e la lingua rappresenta uno straordinario strumento per veicolarle».
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