Božo Vrećo: «La libertà di essere uomo e donna»

Canta con una voce magica, che pare venire da secoli di struggimento. Sul palco, però, si presenta con uno stile che guarda al futuro, mescolando vesti tradizionali, elementi contemporanei, abiti maschili e femminili, barba e tacchi alti. È Božo Vrećo, cantautore e performer bosniaco che ha costruito una carriera unica, abbattendo ogni stereotipo, e questa sera sarà ospite del Tff con un concerto-evento al Teatro Miela, alle 22, nell’ambito del progetto “Varcare la frontiera #5 Atlantidi”, organizzato dall’Associazione Cizerouno. Vrećo si è affermato come una figura inedita nel panorama artistico del suo paese, sia per la scelta di reinterpretare il patrimonio delle sevdah/sevdalinke, canzoni tradizionali bosniache, forte dei suoi studi in archeologia, sia per la ricchezza delle sue contaminazioni e il coraggio di affermare la propria identità oltre le etichette di genere, anche nella scelta del cross-dressing, portando in scena abiti spettacolari.
Božo Vrećo, da dove nasce il suo stile eccentrico, che combina elementi maschili e femminili, tatuaggi e make-up?
«Non è una questione di scelta ma di libertà di essere quello che si è, duplici, allo stesso tempo uomo e donna. Gli abiti neri e il mio modo di vestire sono ispirati alla tradizione delle donne bosniache. Per ogni concerto creo un nuovo abito e quest’anno uscirà anche la mia linea di moda, “Vreco”. I tatuaggi sono parte di me e delle radici di tutta la gente che ha vissuto nei Balcani, dall’Illiria ai giorni nostri: sono simboli di protezione dal male e si riferiscono al nome di Dio come amuleti».
Come combina questo stile con la tradizione e il passato dei Balcani?
«Di professione sono un esperto di archeologia: tutti gli scavi e le esplorazioni, tutto quello che leggo e vedo, lo riconosco come parte di me. Mi serve come ispirazione, amalgama di moderno e tradizionale, nelle mie canzoni, nella mia identità visiva e nella scrittura. Lo faccio con molto impegno e amore e si percepisce nella creazione della mia intera espressione artistica».
C’è qualche artista pop che la ispira particolarmente?
«Mi ispira tutto quello che è bello, diverso e in qualche modo mistico: non importa da dove proviene. Mi è vicina la musica del nord Africa, i Balcani sono fonte innegabile del tesoro tradizionale e sono fedele all’influenza sefardita, musulmana e ortodossa nel mio modo di cantare. Mi interessa la scena mainstream jazz, soul e blues. In più ho origini italiane da parte di padre: mia nonna dalmata Maria era sposata con un italiano e sono molto orgoglioso di questo».
È difficile trovare spazio per approcci espressivi diversi oggi in Bosnia Erzegovina?
«Essere differenti, essere se stessi, è una sfida, ma dà anche sollievo perché stai lottando per il tuo status, per il tuo modo di creare musica e diventare riconoscibile, popolare, accettato. Faccio concerti in tutta Europa e quest’anno andrò in tour negli Usa e in Canada: se qualcosa merita davvero, non ci sono limiti. L’approccio sperimentale appunto non è commerciale, anzi è arte specifica per me stesso: realizzare tutto da solo richiede molto lavoro. Adesso posso dire di essere affermato e felice. Con molto sacrificio, perseveranza e talento tutto è possibile. Ma per favore, siate quello che siete veramente!».
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