Caoilinn Hughes alla Trieste Joyce School: alternative dall’Irlanda

La scrittrice di Galway è l’ospite d’onore della 26esima edizione della scuola. Parlerà oggi del suo nuovo romanzo e dell’eredità dell’autore dell’Ulisse

Marta Herzbruch
La scrittrice irlandese Caoilinn Hugh a Trieste per la Joyce School in un ritratto di Andrea Lasorte
La scrittrice irlandese Caoilinn Hugh a Trieste per la Joyce School in un ritratto di Andrea Lasorte

La scrittrice irlandese Caoilinn Hughes è l'ospite d'onore della 26ma Trieste Joyce School e questa sera, 3 luglio, alle 20.30 alla Sala Bobi Bazlen (Palazzo Gopcevich) parlerà del suo ultimo romanzo “Le Alternative” appena uscito in Italia per le edizioni Blu Atlandide. Nata nel 1985 a Galway, Caoilinn Hughes ha conseguito un dottorato in Nuova Zelanda e i suoi romanzi - sin dall'esordio con “Orchid & the Wasp” e il seguente “Le Conseguenze” - hanno ricevuto prestigiosi premi letterari e sono stati tradotti in molti paesi. Le abbiamo chiesto di anticiparci qualcosa di lei e dei suoi libri.

Quant'è importante per Lei l'eredità letteraria di Joyce?

«Da adolescente lessi “Un ritratto dell'artista da giovane” ed è stato come mangiare un vero pasto dopo una dieta a base di cibo liofilizzato. Un enorme piacere, ma anche uno shock per l'apparato digerente non abituato a tanta varietà! La stessa sensazione la provai poi leggendo “Dubliners” e ancor più “Ulisse”. Joyce si aspetta molto dal lettore e si fida di lui».

È a Trieste per la prima volta?

«No, non è la prima volta. A sedici anni andai via da casa e avevo una coinquilina romagnola che mi fece innamorare di tutto ciò che è italiano. Poi imparai la lingua e mi recai a trovarla a Reggio Emilia. Per un'estate feci la ragazza alla pari al Lido di Venezia e da allora colgo ogni occasione per trascorrere del tempo in Italia. I soggiorni presso la Fondazione Bogliasco in Liguria e l'Istituto d'Arte di Siena sono stati un sogno. Partendo da Trieste sono andata in bici fino a Torino – passando per le Dolomiti e le Alpi – col portatile (e una tenda) sul portapacchi e cercando di ultimare ”Orchid & the Wasp”. Una bella impresa in tutti i sensi!»

Lei descrive un paese, l'Irlanda, in cui i valori materiali hanno la supremazia sui valori etici. Quale esito può avere la lotta contro questo stato delle cose?

«Le quattro sorelle di “Le Alternative” stanno cercando di fare qualcosa di significativo. Stanno tentando di tracciare una strada per il futuro su percorsi che si vanno sgretolando sotto i loro piedi. All'interno delle professioni che hanno scelto, ognuna affronta varie sfide sistemiche: la geologa assiste al collassare del Deep Time; la politologa si muove in un contesto di crisi della democrazia; la filosofa tenta di contrastare la commercializzazione dell'accademia e la chef il nazionalismo alimentare della Brexit. Ognuna di loro resiste con energia e creatività alle lusinghe del materialismo. Quale che sia l'esito finale della loro lotta, penso che sarà comunque utile, indipendentemente dal risultato. Perché se il capitalismo vince, se oligarchi e multinazionali sono determinati a distruggerci, allora è meglio darci da fare.»

Come riesce a gestire le tante voci che popolano i suoi romanzi familiari?

«Adoro le storie di riunioni di famiglia incasinate! Sono difficili da ricreare in narrativa, ma la sfida è irresistibile. Trovo stimolanti le dinamiche che si creano tra fratelli e sorelle una volta adulti. A differenza delle amicizie o delle relazioni elettive, in una famiglia c'è un contratto non scritto sul proprio ruolo e obblighi e la posta in gioco può essere alta.»

Lei affronta temi scottanti, come l'eutanasia, mantenendo sempre una certa ironia. C'è il pericolo che l'humor vada perso nella traduzione?

«Uno dei privilegi della narrativa irlandese è che alcuni dei nostri più celebri romanzi sono tanto esilaranti quanto tragici. Nella letteratura seria, l'humor è considerato un elemento importante. Questo crea un precedente. Mi ritengo fortunata ad appartenere a questa tradizione. Temo che un po' del nostro umorismo vada perso nelle traduzioni... ma auspico che lo si possa riguadagnare con altri mezzi. Lascio al traduttore ampia libertà per evitare soluzioni troppo letterali che rischiano di risultare noiose o incomprensibili. Ho avuto un vivace scambio con la traduttrice di “Le Alternative” - Marilena Motta - e spero che abbia reso il romanzo più divertente dell'originale! Non mi arrabbio se la versione italiana è migliore di quella inglese!»

Cosa ha previsto per il suo contributo alla Trieste Joyce School?

«Il mio intervento si intitola: “Narrativa contemporanea, nuovo realismo e alternative”. Parlerò di cosa significhi scrivere dei tempi in rapido cambiamento che stiamo vivendo e del tentativo di trovare una modalità che trasmetta la mutevolezza, la complessità e l'incertezza della vita moderna. Leggerò qualcosa dall'ultimo romanzo, parlerò dell'influenza di Joyce e lo criticherò!» —

Riproduzione riservata © Il Piccolo