Carbonera al Festival di Roma con l’ultimo film di Libero De Rienzo

C’è anche il nuovo film di un regista friulano nel concorso di Alice nella Città, la prestigiosa sezione indipendente della Festa del Cinema di Roma dedicata alle storie di bambini e ragazzi. È “Takeaway”, scritto e diretto da Renzo Carbonera, il regista di Lignano alla sua opera seconda dopo il cortometraggio “La penna di Hemingway”, girato proprio nella sua città, e la fortunata opera prima “Resina”, ispirata al coro di Ruda. “Takeaway”, girato invece sul monte Terminillo, sarà proiettato in anteprima il 16 ottobre e poi distribuito da Fandango.
È una storia di doping consumato non da atleti professionisti ma, come capita spesso, dalle giovani promesse che sognano una carriera sportiva ad alto livello. La protagonista è Maria (Carlotta Antonelli), una marciatrice appena maggiorenne che, spinta anche dal padre (Paolo Calabresi) e dal fidanzato ex preparatore atletico (Libero De Rienzo, nella sua ultima interpretazione prima della sua prematura scomparsa, lo scorso luglio), inizia a far uso di sostanze illegali.
Carbonera, da dove nasce l’idea di un film sul doping?
«Da un articolo che ho letto anni fa sul doping nella Germania dell’Est e le problematiche fisiche che gli ex atleti avevano subito per averne fatto uso, oltre a ritrovarsi la carriera stroncata dopo essere stati scoperti. Il film però tratta il tema in una fase precedente: spesso la pratica del doparsi nasce a livello amatoriale, prima di diventare atleti di successo, e le famiglie stesse a volte avallano, con gli allenatori, questi percorsi. L’Agenzia Mondiale Antidoping stima che un quarto degli atleti amatoriali faccia uso di sostanze dopanti».
Come in “Resina”, anche qui c’è una protagonista femminile…
«E si chiama ancora Maria, come anche la protagonista del mio prossimo film. Maria è il nome di mia nonna. In famiglia ho avuto sempre personaggi femminili forti che mi hanno ispirato. Libero De Rienzo e io pensavamo allo stesso modo: noi maschi stiamo facendo solo danni, dovremmo consegnare il mondo in mano alle femmine».
De Rienzo è morto pochi mesi dopo aver finito le riprese. Che ricordo ha di lui?
«Abbiamo girato sul Terminillo, nevicava di brutto. Lui, io e Carlotta Antonelli avevamo tre appartamenti nello stesso stabile: in un certo senso, facevamo il film anche mentre non lo giravamo. Avevo descritto a Libero il personaggio come montanaro e trasandato: quando ci siamo visti per leggere la sceneggiatura, è arrivato già come doveva essere in scena. Passavamo le serate insieme, magari Libero cucinava per tutti una pasta alla gricia o una carbonara. Rimaneva sul set anche per le scene degli altri e spesso, se non era in campo, si metteva alla macchina da presa: il direttore della fotografia gliela lasciava perché era una sua passione, aveva una competenza rara nel linguaggio cinematografico. Mancherà tantissimo al cinema italiano».
“Resina” era ambientato a Luserna, in Trentino, “Takeaway” sul Terminillo: perché gira sempre in montagna?
«Cerco posti un po’ isolati, microcosmi fuori dal tempo con intorno la natura. Luserna viene da un isolamento durato secoli, al Terminillo ci sono dei palazzi stile Lignano anni ’70, ma in mezzo alle montagne. Per il prossimo film vorrei trovare un luogo del genere al mare, ma è difficile: la costa è stata tutta urbanizzata». —
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