Casanova Opera Pop poesia, amori e spionaggio nel musical di Red Canzian

L’accumulo dei secoli non ha eroso la potenza seduttiva di un’icona pop del Settecento, l’avventuriero Giacomo: poeta, alchimista, agente segreto della Serenissima, acrobata dei sentimenti, gran viaggiatore e uomo d’arte, forse inimitabile. Non c’è tempo in cui Casanova non sia stato celebrato e non solo per il suo invidiabile savoir faire con le gentildonne, aspetto romantico di una vita a perdifiato. L’epopea del giramondo veneziano è ora consacrata da un’opera, di quelle memorabili all’italiana, seguendo i fasti di “Notre Dame de Paris”, che inaugurò la grande stagione della rinascita.
“Casanova Opera Pop” è un atto d’amore di Red Canzian per i 1600 anni di Venezia, con ventuno performer in scena e trentacinque brani inediti, due ore di esperienza immersiva nelle gesta del libertino, da domani al 3 febbraio al Giovanni da Udine (mercoledì 2, alle 17.30, la compagnia presentata da Fabiana Dallavalle incontrerà il pubblico a Casa Teatro). Gian Marco Schiaretti, star internazionale già nei cast di “Notre Dame”, versione francese, e di “Romeo e Giulietta”, rivela il suo Casanova col quale spartisce abitudini comuni: «I miei vissuti viennesi - dice - e parigini mi avvicinano alla sua esperienza della conoscenza, alla mescolanza culturale ed etnica, respirata con intensità anche nelle mie scorribande asiatiche. Come non mai, adesso, la voracità del fare è limitata dalle restrizioni, che ho sofferto moltissimo».
Casanova è un personaggio pop e il titolo gli calza. Lei che lo interpreta, come lo percepisce?
«Pop può essere interpretato come popolare, la sua grandezza sta nell’aver superato la morte con l’eternità e noi lo raccontiamo tenendo fede al libro di Matteo Strukul, “Casanova – La sonata dei cuori infranti” dal quale questa storia è sfilata con passione. Un libertino impenitente, certo, che nonostante la consapevolezza di uno dei tanti giochi di fascinazione, s’innamorerà di una damigella e per lei sfiderà a duello il suo focoso fidanzato Alvise. Tutto questo per sottolineare, semmai ci fosse bisogno, di quanto l’amore sia la pulsione vitale di qualunque esistenza, anche della più estrema, com’era la sua».
Un tempo è stato calciatore. Cos’è poi che l’ha fatta desistere dal tirare calci a un pallone?
«In realtà sport e canto hanno lavorato all’unisono senza una supremazia, almeno fino a quando ha prevalso la calamita del palcoscenico. Sentivo il bisogno di farmi notare più sotto i riflettori che dentro un rettangolo verde. La decisione è stata forzata da alcuni infortuni di quand’ero quindicenne».
E ora le grandi opere, spettacoli imponenti e con una circuitazione europea.
«Infatti non c’è un’impostazione anglosassone importata e riadattata. Questo è un progetto che si forma con un’identità ben precisa, con un percorso musicale che sfrutta l’esperienza di Red Canzian, maturato dopo un percorso artistico importante».
Entriamo in scena: non troveremo i soliti fondali teatrali, bensì qualcosa di ben più tecnologico.
«È una scenografia dinamica e proiettata per sfruttare le bellezze di Venezia e i continui cambi di ambientazione che Casanova impone con i suoi frequenti balzi da un luogo ad un altro. L’alta definizione, poi, sfiora la realtà». —
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