C’era anche il goriziano Rudolf Perco fra i maestri che fecero la Vienna Rossa

Al Wien Museum una mostra ricostruisce il movimento che fra il 1919 e il 1934 rivoluzionò la capitale austriaca

la mostra



Sono un folto stuolo gli architetti che tra fine Ottocento e inizio Novecento si formarono agli insegnamenti di Otto Wagner all’Accademia delle Belle Arti di Vienna tra il 1894 e il 1912.

In quell’ultimo scorcio del diciannovesimo secolo l’esimio urbanista e architetto era avanzato a deus ex machina degli sviluppi del settore non solo nella capitale asburgica, ma anche in molti territori dell’impero. Fra i suoi allievi più o meno diretti, Max Fabiani, Giorgio Zaninovich, ma anche Jože Plečnik, Vjekoslav Bastl, Viktor Kovacic, Ignjat Fischer, che lasciarono segni tangibili entrati nella storia dell’architettura del Friuli e giù giù fin nei Balcani, con edifici marcanti.

Anche Rudolf Perco era parte del gruppo di allievi di Wagner. Nato a Gorizia nel 1884, si formò a Vienna tra il 1906 e il 1910, respirando le atmosfere di uno dei periodi più fecondi della storia culturale e artistica della capitale danubiana.

Pochi anni dopo partecipò attivamente ad uno dei più giganteschi progetti architettonici della neonata repubblica austriaca, passato poi alla storia come l’esito più rilevante dell’epoca della “Vienna Rossa”.

Perco fu uno dei 199 architetti che diedero il loro contributo a quel programma di edilizia popolare, che tra il 1919 e il 1934 creò 64. 000 appartamenti per le classi meno abbienti: ancorché di dimensioni modeste, le unità abitative erano ad affitto calmierato e disponevano di un gran numero di servizi che ancor oggi sarebbero considerati di avanguardia: generosi spazi comuni, tanto verde, scuole materne, lavanderie, negozi, ambulatori medici interni. Molti di quei professionisti che firmarono gli oltre 380 progetti erano allievi di Otto Wagner e ne traslarono gli insegnamenti fra l’altro anche in 24 edifici mastodontici, dall’aspetto di fortezze, entrati nella storia dell’architettura come “Höfe” e ancor oggi meta di visite da architetti da tutto il mondo. Quello della “Vienna Rossa” fu tuttavia molto di più di un’affascinante avventura nel campo dell’edilizia: fu un fiorire di idee e di visioni che subito dopo la fine della Grande Guerra si concretizzarono nella volontà di creare una società più equa, e, dopo l’affermazione della borghesia con l’èra della Ringstrasse, di dare condizioni di vita accettabili anche al proletariato. Gli stenti della Grande Guerra, che avevano portato la fame fin nella capitale dell’impero, le epidemie, la drammatica mancanza di alloggi, la crisi economica con conseguente disoccupazione, fecero sognare un nuovo mondo in cui un tetto sicuro sopra la testa fosse un diritto garantito, così come la salute e l’istruzione.

Tra il 1925 e il 1926 Rudolf Perco co-firmò il Professor-Jodl-Hof nel 19° distretto, con 271 appartamenti; nel 1926-27 il Wienerberg, nel 12°, con 769 unità abitative; nel 1928-29 il goriziano firmò l’Holyhof nel 17°, con 103 appartamenti e tra il 1929 e il 1933 l’enorme complesso edilizio sulla Friedrich-Engels-Platz, nel 20°, con 1467 appartamenti. Nel primo centenario dell’avvio del programma viennese di edilizia popolare, il Wien Museum dedica una mostra a quel periodo pionieristico. Documenti e fotografie, modelli e video ricostruiscono i perché della nascita di quel movimento non solo architettonico e ne mostrano gli esempi più incisivi. Fra questi naturalmente anche il Karl-Marx-Hof, divenuto il simbolo di quella stagione socio-culturale. Progettato da un altro discepolo di Otto Wagner, Karl Ehn, e ultimato nel 1933, offriva 1382 appartamenti raccolti attorno ad un’immensa corte centrale concepita come spazio verde comune e come oasi di gioco e relax. Il complesso con un fronte di 1, 1 km disponeva anche di due lavanderie, due bagni pubblici, due scuole materne, un poliambulatorio medico e uno odontoiatrico, una farmacia, un centro di consulenza per donne in gravidanza, una biblioteca, un centro giovanile, un ufficio postale, 25 negozi. —



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