Charles Jackson e l’anima dannata dell’alcolista

TRIESTE. «Che benedizione può essere l'alcol se lo usi nel modo giusto», dice il protagonista di "Giorni perduti" di Charles Jackson. Ma la misura non si addice al personaggio la cui storia è narrata in questo romanzo del 1944 che esce ora in Italia a cura di Simone Barillari (Nutrimenti, 351 pagine, 18 euro). Perché durante il lungo weekend newyorkese riassunto nel libro l'alcol scorre a fiumi, è il demone che divora l'anima e la vita di Don Birnam, scrittore in crisi, vittima della mancanza di denaro e della dipendenza dalla bottiglia.
La sua è una storia tragica che ebbe un clamoroso successo: mezzo milione di copie vendute in America, un film con la regia di Billy Wilder premiato con quattro Oscar, traduzioni in quindici lingue. «Don non sono io», ripetè a lungo Jackson nelle interviste. Naturalmente mentiva, come si scoprì quando iniziarono i ricoveri in clinica nell'inutile tentativo di disintossicarsi. L'alcolismo gli impedì una luminosa carriera e le opere successive non furono all'altezza del testo d'esordio del 1944 che il curatore ritiene "uno dei grandi romanzi che la narrativa americana del Novecento ha consegnato alla letteratura mondiale".
Pieno di citazioni dai classici (Joyce, Mann, Dostoevskij e tantissimo Shakespeare), "Giorni perduti" è un capolavoro sotto il profilo dello stile, la cronaca asciutta e senza un grammo di retorica di una discesa agli inferi. La psiche dell'alcolista, sottolinea Barillari, è ritratta con accuratezza quasi scientifica, mettendone in evidenza l'ipertrofia narcisistica, l'andamento spiraliforme dei pensieri, gli sbalzi dell'umore. Jackson svela le dinamiche all'origine del vizio del bere e porta alla luce un dramma collettivo a lungo nascosto all'opinione pubblica all'epoca del proibizionismo.
Pochi anni più tardi al medesimo tema l'inglese Malcolm Lowry dedicava il suo "Sotto il vulcano" e dopo aver letto "Giorni perduti" confidò a un amico in una lettera: «Il testo di Jackson mi ha inferto un colpo terribile e non so fino a che punto il successo di questo libro ridurrà a zero le mie possibilità di pubblicare. Suppongo che tanti direbbero che “Vulcano” non è che un pallido riflesso di questo studio».
Lowry si sbagliava perché anche la vicenda che stava componendo venne accolta con grande favore. Intanto, grazie al romanzo e al film di Billy Wilder premiato con ben quattro Oscar Charles Jackson divenne ricco e famoso. Ma la stagione della gloria e dell'opulenza fu breve, la dipendenza dell'alcol indebolì in fretta il suo genio. In seguito pubblicò altri tre libri nell'indifferenza generale prima di suicidarsi nel 1968.
Roberto Bertinetti
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