Charlotte Rampling il nudo di una diva agée

Protagonista di “Hannah” di Pallaoro, stasera i vincitori
British actress Charlotte Rampling arrives for the premiere of 'Hannah' during the 74th Venice Film Festival in Venice, Italy, 08 September 2017. The movie is presented in the official competition 'Venezia 74' at the festival running from 30 August to 09 September 2017. ANSA/CLAUDIO ONORATI
British actress Charlotte Rampling arrives for the premiere of 'Hannah' during the 74th Venice Film Festival in Venice, Italy, 08 September 2017. The movie is presented in the official competition 'Venezia 74' at the festival running from 30 August to 09 September 2017. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Il Lido lentamente si svuota. E dopo aver visto passare anche le ultime due opere in gara per la conquista del Leone d’oro 2017 (“Hannah” e “Jusq’à la garde”), tra le sale e i corridoi del Casinò e del Palazzo del Cinema si gioca a formulare qualche ipotesi, tirando a indovinare quale potrebbe essere la composizione del “palmarès” di questa 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia. In attesa del verdetto ufficiale, che sarà reso noto stasera a partire dalle 19 durante la cerimonia di premiazione, gli uffici della Biennale si chiudono in un impenetrabile silenzio. Anche in assenza di fonti certe, comunque, il chiacchiericcio tra gli accreditati ancora presenti al Lido si fa inarrestabile. Nient’altro che un gioco, naturalmente, una semplice scommessa oppure un pretesto per tirare le somme e ragionare su quanto si è visto in questi lunghi dieci giorni di cinema.


Come sempre, è praticamente impossibile riuscire a prevedere gusti e dinamiche che orienteranno la giuria guidata dall’attrice Annette Bening. Per di più negli ultimi anni, a Venezia come a Cannes e Berlino, abbiamo purtroppo assistito troppo spesso all’annuncio di verdetti a dir poco sconcertanti. Dita incrociate, quindi, e che vinca il migliore. Anche se “il migliore”, l’epocale “First Reformed” di Paul Schrader, troppo radicalmente destabilizzante per riuscire a raccogliere favori unanimi, non si posiziona tra i favoriti (ma Ethan Hawke, potrebbe almeno ambire alla coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile).


In (una ipotetica) pole-position si piazza favoritissimo “Three Billboards Outside Ebbing, Missouri” di Martin McDonagh, thriller post-coeniano che ha incontrato i favori sia del pubblico che della critica italiana della carta stampata, mentre la stampa straniera sembra leggermente più sbilanciata in favore di “The Shape of Water” di Guillermo Del Toro. Se esistesse giustizia in questo mondo il Leone d’argento per la migliore regia dovrebbe finire dritto dritto nelle mani del franco-tunisino Abdellatif Kechiche, che con il suo “Mektoub, My Love: Canto Uno” ha incantato con tre ore di cinema-vita, portandoci dentro a un “racconto d’estate” difficile da dimenticare. Chissà che - nonostante l’accoglienza divisa tra entusiasti sostenitori e scandalizzati detrattori – la stordente energia del suo film e l’incontenibile esuberanza dei suoi giovani protagonisti non riescano a bucare lo schermo e magari a fare breccia sulle rassicuranti certezze del bel cinema di buona fattura. Un’alternativa possibile? Magari Samuel Maoz, autore di “Foxtrot” e già Leone d’oro per “Lebanon” nel 2009, o forse lo stesso Del Toro.


Diversi titoli si candidano al premio per la migliore sceneggiatura: da “Suburbicon” di George Clooney, al già citato “Three Billboards Outside Ebbing, Missouri”, ma anche l’ottimo “La Villa” di Robert Guediguian. Facilissimo invece il premio Marcello Mastroianni da assegnare a un giovane attore o attrice emergente, che dovrebbe quasi sicuramente andare a Charlie Plummer, Charley Thompson nel terzo lungometraggio di Andrew Haigh “Lean on Pete” (ma il film potrebbe rientrare tra i favoriti anche per la sceneggiatura). A rigor di logica dovrebbe essere scongiurata la presenza sul podio di Ai Weiwei e il suo “Human Flow”, classico trappolone sul quale tuttavia – vista la fredda accoglienza - sembra improbabile che si possa scivolare.


L’Italia potrebbe andare a premio con la coppia di attori Helen Mirren–Donald Sutherland, ottimi protagonisti del modesto “The Leisure Seeker” sulle cui spalle poggia il peso dell’intero film “americano” di Paolo Virzì. La coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla Mirren è tuttavia insidiata sia da Frances McDormand, madre vendicatrice nel solito “Three Billboards Outside Ebbing, Missouri”, ma anche dalla contenuta Charlotte Rampling, dolorosamente “Hannah” nel secondo lungometraggio firmato dal trentino trapiantato in America Andrea Pallaoro (Premio Nuove Impronte a ShorTS 2015, a Trieste, con la sua opera prima “Medeas”).


Un ruolo silenzioso quello che interpreta Charlotte Rampling, coraggiosa anche nell’offrirsi in una scena nudo con un corpo non più giovane, sempre chiuso dentro a una tragica solitudine. “Hannah” è il primo capitolo di una trilogia incentrata sulle donne, ispirato da un fatto di cronaca preso solo come punto di partenza e poi sviluppato liberamente in una prospettiva radicalmente autoriale. Siamo i testimoni della deriva esistenziale e affettiva di una donna anziana, sola e rifiutata da tutti. La conosciamo attraverso brevi echi del suo vissuto quotidiano: la cura meticolosa della casa, il lavoro come donna delle pulizie in una casa facoltosa, un marito in prigione e un figlio che neppure le apre la porta quando si presenta con una torta per il compleanno del nipote. E ancora, la frequentazione della piscina, di un centro di teatro-terapia dove si impegna in performance vocali (glossolalie) e piccole performance. Non ci sono spiegazioni. Come in “Medeas”, Pallaoro utilizza una narrazione non lineare, dissemina indizi in libertà, concentrato sulla costruzione di un potentissimo e ineludibile senso di tragedia.


Piuttosto deludente, invece, l’ultimissimo titolo del concorso, l’opera prima “Jusq’à la garde” dell’esordiente Xavier Legrand che firma un dramma familiare d’interni. Una storia che parte come un acceso conflitto per l’affidamento dei figli di una coppia divorziata ma finisce per diventare un incubo di stalking e violenza. Myriam accusa l’ex marito Antoine di essere un violento, lui si difende parandosi dietro allo scudo della disperazione per la lontananza dai figli, ma presto la verità viene a galla. E finirà per sfiorare i peggiori episodi di cronaca nera. Un esordio dignitoso ma convenzionale e decisamente poco incisivo. Ora non resta che attendere il verdetto.


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