Clooney ride a Berlino e provoca la Merkel sul problema migranti

di Beatrice Fiorentino BERLINO Inizio scoppiettante per la 66. edizione della Berlinale, accolta in un clima insolitamente mite e bagnata da qualche goccia di pioggia, mentre i controlli per la...
Di Beatrice Fiorentino

di Beatrice Fiorentino

BERLINO

Inizio scoppiettante per la 66. edizione della Berlinale, accolta in un clima insolitamente mite e bagnata da qualche goccia di pioggia, mentre i controlli per la sicurezza in zona Palast si fanno più serrati e le sale periferiche aprono invece al festante pubblico cittadino secondo un interessante modello di "festival diffuso". Inaugurazione ufficiale ieri sera, alla presenza delle autorità locali, della giuria e con l'immancabile parata di star che accompagna un grande evento di cinema. Il film di apertura (fuori concorso) "Ave, Cesare!" dei fratelli Joel & Ethan Coen, ha richiamato con sé alcune tra le celebrities più attese: George Clooney, in testa a tutti, accompagnato dalla moglie Amal, protagonista di un allegro teatrino alla conferenza stampa del mattino, e con lui Josh Brolin, Tilda Swinton, Channing Tatum e Alden Ehrenreich (prendete nota di quest'ultimo, perché è destinato a diventare molto presto un idolo delle ragazzine). Cast strepitoso (oltre ai citati anche Ralph Fiennes e Scarlett Johansson), coreografie da urlo e mille risate per una storia che ci riporta agli anni d'oro di Hollywood, durante la lavorazione di un film minata da una serie di guai. Per risolvere i quali gli Studios assoldano un "fixer", figura il cui compito è tamponare ogni imprevisto e sorvegliare le intemperanze dei vulnerabili attori impegnati nelle riprese. Una parodia affettuosa e spassosissima che abbraccia il cinema classico, kolossal e musical, western e noir, dive acquatiche e maccartismo, e molti riferimenti alla filmografia dei Coen, in particolare "Barton Fink" e "Il Grande Lebowski". Alcune casuali analogie anche con l'ultimo Tarantino (l'incipit sul crocifisso, la presenza di un personaggio di nome Mannix, la celebrazione del cinema e della finzione) ma in una versione soft e glamour di puro divertissement.

Alla presentazione del film alla stampa George Clooney ha tenuto banco infilando una battuta dopo l'altra mentre i compagni di avventura si sbellicavano senza ritegno attorno a lui. Ma non è mancata qualche provocazione. Dopo che l'attore ha dichiarato l'intenzione di incontrare la cancelliera Angela Merkel per discutere di profughi e di politiche di accoglienza ai migranti, una giornalista l'ha incalzato per sapere in quali azioni concrete si traduca il suo interesse per l'argomento. Clooney non gradisce, ma l'incidente si chiude in poche battute, con una gara a chi è più solidale, senza lasciare strascichi. E subito riprende il clima di festa. Assestato il colpo - riuscitissimo - di un'inaugurazione coi fiocchi, si guarda avanti. In programma fino al 21 febbraio, il Festival di Berlino 2016 propone come sempre un cartellone vastissimo in grado di coniugare glamour e cinefilia. Per di più sembrano lontani i tempi in cui qui si veniva più che altro a scandagliare le sezioni collaterali, "Panorama" e "Forum", alla ricerca di sorprese. Nelle ultime edizioni, infatti, il livello concorso si è alzato parecchio e anche quest'anno sono diversi i titoli su cui si concentrerà l'attenzione, tra i diciotto in gara.

I film

In concorso alcuni abitué del . festival: Thomas Vinterberg che presenterà "The Commune", un nuovo dramma familiare stavolta ambientato in una comune danese negli anni Settanta, e Danis Tanovic, il regista bosniaco premio Oscar nel 2001 con "No Man's Land" che proprio qui a Berlino vinse un Orso d'argento nel 2013 con "An Episode in the Life of an Iron Picker". Ora torna con un film intitolato "Death in Sarajevo". Altre attese: "Quand on a 17 ans" del francese André Téchiné, una nuova incursione nel mondo adolescenziale; Jeff Nichols, tra i più promettenti registi del cinema americano (si ricordi "Take Shelter"), con "Midnight Special", film di fantascienza che ha per protagonisti un padre e un figlio con poteri speciali; il filippino Lav Diaz, regista di culto per i cinefili e autore di film torrenziali che raccontano la storia del suo Paese, con "A Lullaby to the Sorrowful Mystery" (della durata di otto ore) si concentra su uno degli artefici della lotta ai coloni spagnoli. E poi autori più giovani che tuttavia hanno già dato ampiamente prova di sé: la francese Mia Hansen-Løve ("L'avenir"), che dopo i ragazzi della generazione X ripresi in "Eden", sposta l'attenzione su persone mature costrette a ripensare la propria vita; e il documentarista Alex Gibney, autore di film scomodi su Scientology ("Going clear") o Steve Jobs ("The Man in the Machine") che si prepara a scuotere la platea con "Zero days", documentario sul virus informatico creato a quanto pare per sabotare il programma nucleare iraniano, da parte di Usa e Israele nel 2010.

L'Italia

Tra i film più attesi (e vista la propensione berlinese per i film di denuncia sociale anche con buone possibilità di andare a premio) va segnalata l'unica presenza italiana di tutta la Berlinale: Gianfranco Rosi, già Leone d'Oro per "Sacro Gra", presenta in concorso il suo nuovo lavoro "Fuocoammare", ambientato a Lampedusa. Qui, dove Rosi ha vissuto per un anno a contatto con la comunità locale, assistiamo a un nuovo capitolo del dramma dei migranti raccontato attraverso la storia del dodicenne Samuele.

Spiace constatare che al di fuori dell'ottimo Rosi, l'Italia non trovi collocazione in nessuna delle sezioni più indirizzate alla ricerca. Un'assenza che del resto rispecchia il nostro cinema, con poche eccezioni poco orientato verso nuove forme di racconto. Per trovare qualche presenza tricolore bisogna cercare in giuria. Enrico Lo Verso, per le opere prime, e Alba Rohrwacher per il concorso, al fianco della presidente Maryl Streep che - come ha riferito l'attrice - «ci ha chiesto di arrivare alle proiezioni senza sapere troppo di ciò che andremo a vedere per arrivare freschi e liberi al giudizio. Come lavoreremo? Non si può dire cosa succederà, ma il criterio più giusto per valutare un film è il fatto che possa sorprendere».

Il glamour

L'austera Berlino non si è mai particolarmente distinta per passerelle o eventi esclusivi. Ma il direttore Dieter Kosslick ha sempre dichiarato che la presenza di celebrities e la ricerca del buon cinema possono e anzi devono andare d'accordo. Anche quest'anno quindi, è assicurata la presenza di grandi star sul red carpet. Nei prossimi giorni, presenze ancora da confermare, dovrebbero arrivare Tom Hiddleston, Colin Firth, Kirsten Dunst, Jude Law, Helena Bonham Carter, Angela Bassett, John Cusack, Samuel L. Jackson, Michael Shannon, Adam Driver, Kirsten Dunst e altri ancora. Presenza fissa Clive Owen in giuria.

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