Con l’app mortale di tre ragazzi torinesi a Science+Fiction gli italiani piacciono

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Roma (ma potrebbe essere Trieste). Durante una manifestazione contro l’apertura di un centro d’accoglienza, si scatena un’apocalisse zombi, e un ragazzo di estrema destra, mentendo sulla sua identità, si mette al riparo all’interno di quel centro che lui non voleva, diventato unico luogo sicuro.
Torino. Una studentessa come tante altre trova sul suo telefono un’app mai vista prima, che si rivela in grado di aprire un varco sul mondo dei morti.
Frosinone. Un poliziotto violento, Nico, rientra dopo anni nel suo paese per dare l’ultimo saluto alla madre, ma in quei giorni vengono trovati nei boschi intorno, uno dopo l’altro, dei cadaveri straziati in modo orrendo.
Ecco i soggetti dei tre importanti lungometraggi presentati nella sezione Spazio Italia del 18° Trieste Science+Fiction, curata da Luca Luisa, che hanno attirato l’attenzione di pubblico e stampa nazionale. Si tratta rispettivamente di “Go Home–A casa loro” della regista esordiente Luna Gualano, di “You Die. Scarichi l’app, poi muori”, produzione low budget di tre registi torinesi, Alessandro Antonaci, Stefano Mandalà e Daniel Lascar, e infine de “La voce del lupo” di Alberto Gelpi, che vede i camei di Christopher Lambert e Maria Grazia Cucinotta, presentato in prima mondiale a Trieste.
Sono i film fantastici italiani lanciati da questa edizione del Science+Fiction, che in anni recenti aveva già proposto titoli significativi come “Oltre il guado” (2013) del friulano Lorenzo Bianchini, “Index Zero” (2014) di Lorenzo Sportiello e “Monolith” di Ivan Silvestrini. Un segno di vitalità del cinema italiano, quello dei film di genere, che va oltre le consuete gabbie produttive e artistiche nazionali (commedie, drammi d’autore, mafia-movie), che Trieste ha sempre contribuito a far conoscere e che al momento attende un nuovo fenomeno “Lo chiamavano Jeeg Robot”.
E non si tratta solo di film di genere, perché le tematiche toccano i temi più attuali della società italiana d’oggi (il web, l’immigrazione, il lavoro), ma lo sguardo è rivolto anche alla tradizione autoriale nostrana. “You Die. Scarichi l’app, poi muori”, ad esempio, è un film dalla narrazione fluida e dalla fotografia coinvolgente, premiata allo Screamfest di Los Angeles, che sembra la versione horror del successo “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese. Racconta di un’app maledetta che uccide entro 24 ore il proprietario del telefono sul quale è installata, a meno che questi non la scarichi a un’altra persona.
Si allontana invece in apparenza dall’attualità “La voce del lupo” di Alberto Gelpi, un classico horror che ambienta una storia di licantropi nei boschi della Ciociaria. Ma il film di Gelpi, regista esordiente con un passato di grafico nel 3D e negli effetti speciali, sembra comunque rivolgersi alla tradizione del gotico italiano di provincia di “Zeder” (1983) di Pupi Avati, riproposto a Trieste in pellicola e omaggiato con una video-introduzione di Pupi e Antonio Avati.
Fra i registi italiani, spazio anche per il triestino Daniele Auber (un Emmy Award con Jim Henson, l'inventore dei Muppets), che qui ha presentato “Hallucinaut”, suo secondo cortometraggio, dove racconta le vicende di un ragazzo che per cambiare il proprio destino viene miniaturizzato e intraprende un viaggio all'interno della linea della vita della sua mano sinistra. —
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