Conte: «Azzurro? L’ho scritta pensando che fosse vincente»

«"Azzurro" è una canzone che mi ha dato molta soddisfazione. Ora è un evergreen e siamo ancora qui a parlarne a cinquanta anni di distanza. Che fosse vincente l'avevo capito subito, l'ho scritta pensando che Celentano potesse esserne l'interprete ideale e il successo che ha avuto lo devo a lui». "50 anni di Azzurro" è il tour di Paolo Conte partito a fine 2018 in concomitanza con l'uscita, a novembre, del nuovo doppio album "Live in Caracalla-50 years of Azzurro" (Bmg Rights Management/Warner), registrato alle Terme di Roma con un'orchestra di musicisti d'eccezione. La tournée celebrativa farà tappa anche al Politeama Rossetti, sabato 18 maggio alle 21, in una serata benefica a favore dell'Airc, con la raccolta di fondi da destinare alla ricerca per la cura dei tumori che colpiscono le donne. I biglietti sono disponibili a partire da 50 euro, su ticketone.it, la rete di agenzie Vivaticket, la biglietteria del Rossetti.
Paolo Conte, uno degli artisti più apprezzati della musica italiana come cantautore e pianista jazz, come autore ha firmato hit storiche, oltre alla già citata e celebrata "Azzurro", intorno alla metà degli anni Sessanta irrompono nelle classifiche "La coppia più bella del mondo" (di nuovo Celentano), "Insieme a te non ci sto più" (Caterina Caselli), "Tripoli '69" (Patty Pravo), "Messico e Nuvole" (Enzo Jannacci), "Genova per noi" e "Onda su onda" (Bruno Lauzi). Nel 1974 esce il suo primo album, in cui una voce casuale e come distratta tratteggia piccole storie private o quasi. L'anno dopo il secondo: è il debutto da protagonista del compositore astigiano, che da allora non si è più fermato. Già nel '79 i suoi concerti sono affollati: «Il pubblico - dice Conte - ha sempre diritto alla sua immaginazione. La libertà del mio pubblico la voglio sempre salvaguardare a tutti i costi, perché non voglio mai lasciare dei messaggi, imprimere delle opinioni precise, ma voglio lasciarli sognare, ciascuno coi suoi colori, ciascuno con le sue esperienze e con la sua sensibilità».
Del concerto al Rossetti anticipa: «La scaletta è costruita con una certa libertà da parte mia nello scegliere le canzoni in un repertorio ormai piuttosto vasto. In parte mi baso sui musicisti che ho con me e su aspetti pratici che magari orientano verso un brano invece che un altro». Nel recente disco c'è anche un inedito: «"Lavavetri" è una storia vera, ne ho incontrato uno gentilissimo, con un sorriso magnifico, faceva benissimo il suo lavoro, insomma si meritava la mancia. Come Salgari faccio viaggiare i personaggi delle mie canzoni, senza conoscere esattamente i luoghi che evoco. Mi bastano le sensazioni date da un nome o da un profumo».
E aggiunge: «Fa un certo effetto per un compositore vedere tutte (o quasi) le proprie canzoni riunite insieme. A me non appaiono lontane quelle più antiche né vicine quelle più recenti. Le più vecchie in ordine di tempo erano figlie di una fantasia più vergine. Io stesso, componendole, ricordo di aver provato la sensazione di stupirmene. Saranno capite? Era la domanda che qualche volta rivolgevo a me stesso…». «Ho impressione - conclude Conte - che i cantautori di una volta fossero persone più colte di quelli delle ultime generazioni. Sono vissuto in tempi in cui la radio era la compagna in casa, durante la cena e il dopocena e non aveva assolutamente tutto lo sfarzo che ti può offrire un televisore, ma ti costringeva a guardare lei. Tu ascoltavi, immaginavi, sognavi, guardavi magari in faccia le altre persone che erano intorno a te, ma i tuoi occhi continuavano soprattutto a puntare quell'oggetto, la radio, che aveva delle forme in certi casi quasi esotiche, orientali». —
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