Così gli avi migranti del Papa scamparono al naufragio

Un libro di Massimo Minella ripercorre il viaggio della famiglia Bergoglio
Di Giulia Basso

di GIULIA BASSO

C’era un tempo in cui i migranti eravamo noi. Da poco prima della metà dell'Ottocento a quasi un secolo dopo eravamo noi italiani a trasferirci “alla fine del mondo” per sfuggire alla fame e alla povertà, alla ricerca di condizioni di vita migliori. Fra i tre milioni di connazionali che all'epoca presero la via delle Americhe ci fu anche una famiglia destinata a dare i natali a un Papa, quel José Maria Bergoglio che, oltre ad essere il primo pontefice delle Americhe, è anche un esponente della seconda generazione di emigrati italiani in Argentina.

La storia degli avi di Francesco, il papa degli ultimi, è la stessa di tanti migranti che, all’epoca, decisero di abbandonare la propria terra e di ricominciare una nuova vita dall'altra parte del mondo. A ricostruire la vicenda storica che portò la famiglia Bergoglio ad imbarcarsi al porto di Genova con destinazione Buenos Aires ci ha pensato il giornalista di Repubblica Massimo Minella, che dal momento in cui Francesco è salito al soglio pontificio ha iniziato a scavare negli archivi alla ricerca delle sue origini italiane. Da questa indagine è nato un libro, “Genova - Buenos Aires sola andata. Il viaggio della famiglia Bergoglio in Argentina e altre storie di emigrazione”, che è diventato una mostra fotografica, inaugurata pochi giorni fa a Roma in presenza del ministro degli Esteri argentino Susana Malcorra, e una performance-racconto, che Minella ha presentato ieri dal palco del festival Link, a conclusione della manifestazione.

«Questo lavoro - spiega il caposervizio di Repubblica e responsabile delle pagine economico-marittime dell'edizione ligure del quotidiano - vuole essere un’operazione di memoria, per ricordare a tutti coloro che oggi guardano al fenomeno delle migrazioni dall'altro lato, lamentandosi per gli sbarchi, il tempo in cui invece i migranti eravamo noi». L'atto del “mettersi nei panni degli altri”, un espediente molto usato in ambito cinematografico, qui è un escamotage avvalorato dalla storia che porta a riflettere sui corsi e ricorsi del fenomeno migratorio. Sulle ragioni, sempre le stesse, che spingono a lasciare le proprie terre per intraprendere pericolosi viaggi verso l'ignoto. Nel caso della famiglia Bergoglio la storia inizia in terra astigiana, nella casina di Bricco Marmorito, dove vive il padre del pontefice, il piemontese Mario, con i suoi genitori, Giovanni e Rosa.

La loro è una vita di fatica nei campi, finché nel 1927 non arriva la decisione di Giovanni di seguire i parenti emigrati pochi anni prima in Argentina. Ma per il viaggio serve parecchio denaro, così il capofamiglia decide di vendere i terreni di proprietà e nel frattempo inizia ad organizzarsi per la traversata. Nella storia dei Bergoglio c'è pure un naufragio mancato, perché la nave individuata in prima battuta da Giovanni per attraversare l'Oceano, la “Principessa Mafalda” - dove la famiglia alla fine non riesce a imbarcarsi perché non possiede abbastanza denari per il viaggio - colerà a picco a un'ottantina di miglia dalla costa brasiliana. Sarà una delle più grandi tragedie . della storia della marineria italiana: la stampa sudamericana parlerà di 500 vittime, contando anche i clandestini e oltre un centinaio di braccianti agricoli siriani. Si può dire che quel viaggio mancato abbia cambiato i destini del mondo: se la famiglia Bergoglio fosse salita sulla Principessa Mafalda oggi Papa Francesco non esisterebbe. «Ringrazio la Divina Provvidenza di non averli fatti salire su quella nave», ha detto più volte il Pontefice. I Bergoglio riescono a partire, dopo aver venduto i terreni, un anno e mezzo dopo: è il primo febbraio del 1929 e la famiglia s'imbarca sul “Giulio Cesare”. La moglie di Giovanni, Rosa Vassallo, quella “nonna Rosa” così cara a Papa Francesco, che al pontefice bambino insegna le canzoni della tradizione piemontese, si cuce all'interno del cappotto i soldi provenienti dalla vendita dei terreni e non se lo toglie, nonostante il caldo, neanche al suo arrivo in Argentina. Quando sbarcano al porto di Buenos Aires i Bergoglio, come gli altri migranti d'oltremare, vengono registrati e iniziano una nuova vita, tra speranze e difficoltà. «Per accogliere i tanti migranti dell'epoca, che per quanto riguarda l'Italia venivano all'inizio principalmente dalle regioni del Nord, Friuli Venezia Giulia incluso - racconta Minella - a Buenos Aires era stato allestito l'Hotel de Inmigrantes, una cittadella, oggi diventata un museo, che ospitava i nuovi arrivati e in cui s'incontravano domanda e offerta di lavoro». In Argentina, ricorda Minella, è presente la più grande collettività italiana al mondo: si stima che circa la metà della popolazione abbia origini italiane. Eppure l'idea dei governanti argentini, quando intorno al 1830 emanarono una serie di leggi per favorire l'afflusso d'immigrati, era di tutt'altro tipo: volevano favorire l'emigrazione da parte del mondo anglosassone, convinti che l'arretratezza dell'America Latina fosse dovuta alla colonizzazione spagnola. Arrivarono invece italiani e spagnoli.

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