Così Venezia riscopre l’Alchimia di Pollock

VENEZIA. «Quando sono "nel" mio dipinto, non sono cosciente di ciò che sto facendo. È solo dopo una sorta di fase "familiarizzazione" che vedo ciò a cui mi dedicavo. Non temo di fare cambiamenti, di distruggere l'immagine, ecc., perché il dipinto ha una vita propria. Io provo a farla trapelare». Così Jackson Pollock, padre dell'Action Painting, spiegava la sua pittura: entrare nella materia e appropriarsi della sua vita segreta e come un demiurgo dare corpo all'opera con gesti inconsci frutto però di una coscienza tecnica assoluta, che fa dell'astrazione gestuale il proprio lievito creativo.
A conferma che Pollock fosse un artista molto più razionale e costruito di quanto apparisse ora vi sono anche le radiografie del suo più celebre dipinto, “Alchimia”, pietra miliare della sua rivoluzione pittorica. Realizzato dall'artista nel '47 e acquisito con altre decine di opere dalla mecenate Peggy Guggenheim, il grande quadro è diventato il gioiello simbolo della casa museo veneziana della celebre miliardaria. Sottoposto ad uno dei più complessi lavori di restauro mai compiuti in Italia su un'opera contemporanea, il dipinto è ritornato al Guggenheim di Venezia e per due mesi sarà esposto al pubblico in una mostra scientifica dal titolo "Viaggio nella materia", prima tappa di un anno dedicato al grande artista americano.
Grazie all'uso di schermi multimediali, di una riproduzione in 3 D, di filmati e oggetti originali del pittore (vernici, pennelli, stecchi) sarà possibile compiere un viaggio all'interno di una delle opere simbolo del '900. Analizzata da un team di ricerca internazionale l'opera è stata sottoposta per un anno a restauro dai tecnici dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
«Le indagini radiografiche hanno rivelato - spiega Luciano Pensabene Buemi conservatore del Museo - un universo tecnico-esecutivo studiato da Pollock nei minimi dettagli. “Alchimia” è una sorta di Big Bang della materia cromatica dove il gesto apparentemente casuale è frutto di una consapevolezza tecnica che tutto prevede e controlla. Nel corso del restauro siamo entrati nella materia del quadro identificando i singoli interventi cromatici che Pollock ha realizzato stendendo la tela sul pavimento e sperimentando la fluidità dei pigmenti industriali con l'utilizzo delle più diverse tecniche: dalla gocciolatura alle strisciate, dalle pennellate all'inglobatura di sabbia, stecchi e sassi nel colore. Per ripulire lo strato di polveri che si era incollato ai colori a base grassa, ancora oggi non completamente asciutti, abbiamo operato al microscopio millimetro per millimetro con aspiratori, pennelli e solventi a base neutra».
Giovanna Pastega
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