Dandini: «La mia Spoon River sulle donne uccise»

La passione per la scrittura è il primo amore del percorso professionale di Serena Dandini, autrice-conduttrice televisiva di programmi di successo e scrittrice. "Ferite a morte" è lo spettacolo sul femminicidio in scena al Comunale di Monfalcone oggi e domani alle 20.45, protagoniste Lella Costa, Orsetta de' Rossi e Rita Pelusio. Tratto dal libro uscito con lo stesso titolo, è scritto e diretto dalla Dandini in collaborazione con la ricercatrice del Cnr Maura Misiti. E da poco è uscito il suo primo romanzo "Il futuro di una volta" (Rizzoli, pagg 325, euro 19,50). Un libro politico, di sentimenti, un intreccio di storie ambientate fra l'Italia e la Francia.
«Dopo i fatti drammatici di Parigi stamattina non volevo partire - spiega in procinto di imbarcarsi dall'aeroporto romano -. Invece poi ho pensato giustamente che questo è il momento in cui si deve andare, muoversi, incontrare la gente e parlare di quanto è accaduto. Non bisogna restare fermi e avere paura; perché questo è quello che ci vogliono far fare.
La scrittura è uno strumento?
«Certo, ma anche l'amore del mio lavoro in televisione e teatro coltivata nel tempo».
Perchè ha scelto il romanzo dopo tre libri di attualità?
«Come romanziera mi definisco una primipara attempata. Il mio timore reverenziale nel confronti della letteratura ha fatto sì che mi ci volesse un poco per arrivare al romanzo, per me espressione massima, punto di arrivo».
Come definirebbe questo libro?
«Un mix di politica, sentimenti, storie di donne e visione della società. Il titolo "Il futuro di una volta" è provocatorio in quanto ogni generazione pensa che il futuro fosse migliore visto con gli occhi dei 20 anni. Una delle tematiche "bollenti" è il contrasto fra madre e figlia, conflitti di relazioni fra amore e odio, ripetuti nei secoli. Ma poi mi interessava giocare su un affresco sociale; si parla dei social, di facebook, di usi, costumi e tendenze dei giorni nostri».
"Ferite a morte" invece e il frutto dell'indignazione dopo la diffusione dei dati Onu su femminicidi in oltre 100 paesi?
«Ahimè rappresenta l'unica linea che democraticamente unisce tutto il mondo, perché il dramma del femminicidio, punta di una violenza soffusa e costante contro le donne, è uguale in tutto il mondo, a ogni latitudine in ogni cultura, fra ricchi e poveri, credenti e non».
Lo spettacolo ha vinto un premio importante ed è diventato virale?
«Siamo molto contente, mai ci potevamo immaginare che una piccola produzione fatta di tanto volontariato potesse vincere il Best Event Award come miglior evento culturale non profit e sociale. Questo ci ha riempito il cuore e ha dato molta forza al progetto. In Italia sta girando non solo nei teatri ma anche nelle scuole. Il fatto che nel mondo sia diventato virale conferma l'energia della denuncia. I fatti raccontati emozionano in qualsiasi lingua, vengono capiti, recepiti, raccolti. Una sorta di Spoon River per ridare voce a donne uccise dai compagni, fratelli, padri».
In Italia è in atto un cambiamento reale contro la violenza di genere?
«Il percorso è lento e lungo, non è solo un fatto di regole, ma di mentalità, di rivoluzione culturale. Le norme servono e aiutano a cambiare i processi, ma siamo ancora indietro. La nuova legge sullo stalkeraggio c'è ma spesso dopo la denuncia non scatta la protezione. La mentalità deve cambiare in un paese dove fino a ieri lo stupro era un delitto contro la morale e non contro la persona».
Da dove iniziare?
«Scardinando gli stereotipi che sono inchiavardati ancora nella mentalità dei nostri figli, e non solo di nonni e padri. Le ricerche evidenziano che già alle elementari ragazzini e ragazzine seguono comportamenti sbagliati. È da lì che bisogna iniziare, purtroppo siamo in un paese dove anche il Vaticano e certi partiti sono miopi, per motivi elettorali e politici. Gridano alle streghe ogni volta che si cerca di portare questi discorsi a scuola; per questo tutto diventa difficile».
Le leggi italiane sono all'altezza?
«Meglio di tante altre, il problema è la loro applicazione. Manca coordinamento, vengono tagliati i finanziamenti per i centri antiviolenza, le forze dell'ordine non sono attrezzate adeguatamente per fare prevenzione. A livello legislativo non siamo assolutamente indietro, carente forse è l'applicazione delle leggi».
La sinistra deve guardare dentro di sé?
«Se lo fa trova la risposta (ride) , ma purtroppo è sbagliata, allora meglio che guardi al di fuori».
In che direzione?
«Serve rivolgersi alla vita reale, alle persone, al territorio. Girando l'Italia presentando il libro mi rendo conto che il Paese è ricco di persone straordinarie e perbene, anime belle che però non hanno la forza di farsi sentire e non sono rappresentate. Mai come in questo momento la classe politica è la peggiore nel paese. La politica deve uscire dai palazzi e andare in strada».
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