Dentro il silenzio dei paesi vuoti, per non cedere alla loro fine

Storie poco note raccolte da Mauro Daltin In Italia i piccoli centri abbandonati sono seimila molti anche in regione

Sono seimila i paesi abbandonati in Italia. Parecchi in Friuli, come Palcoda in Val Tramontina, Portis a nord di Venzone, Moggessa in Val Aupa. Tante possono essere le cause, ma il silenzio che cala dopo che l’ultimo abitante se ne è andato è uguale per tutti.

A Mauro Daltin piace abitare quel silenzio. Abbandonarsi alle fantasticherie suggerite da una porta chiusa, da un tetto scoperchiato. Dai rovi che avviluppano le pietre franata di un lembo di casa. In quel silenzio ascolta le voci degli abitanti, li incontra mentre escono di casa e gli raccontano le loro storie.

Daltin, goriziano, direttore della casa editrice Bottega Errante, ha fatto un giro del mondo tra i borghi abbandonati ispirandosi con un grande atlante, di quelli di una volta, squadernato sul pavimento.Il suo ‘La teoria dei paesi vuoti’ (Ediciclo, 142 pagg., 14 euro) non è un esercizio di nostalgia, ma una riflessione sul come eravamo e sul chi non siamo più. In un’Italia non smargiassa, commenta Daltin, i paesi non nascevano per caso, era una necessità che legava abitanti e luoghi. Svuotarli, arrendersi alla loro fine è come recidere quel ponte tra generazioni.

Per la maggior parte erano in montagna o sulle balze dell’Appennino, in quella spina dorsale della penisola che a un certo punto è stata tagliata fuori dal progresso. O da quello che si pensava fosse tale. Si guardava da lassù, come fuori da una vetrina di un negozio luccicante di beni di consumo, le luci delle città che promettevano lavoro senza fatica, comodità e agi di una vita in appartamenti riscaldati da silenziosi termosifoni. La montagna, il suo freddo, il giro delle stagioni, erano ormai il passato da lasciare ai vecchi, se proprio volevano restarci a morire.

Ma le spinte che portano a fare di un borgo una ghost town non sono solo economiche. Si può diventare una città fantasma per eventi naturali come i terremoti, oppure per decisioni calate dall’alto, da un’autorità che decide che quel paese deve essere sommerso dall’acqua per farci una diga, come Movada, in Val Tramontina, sacrificato per costruire un invaso che doveva fornire elettricità a Torviscosa.

Oppure, è il caso di Consonno, per farci una specie di Las Vegas in provincia di Lecco, con tanto di minareto e casinò.

Una storia straordinaria e poco nota successa cinquant’anni fa, nel turbine del boom economico. Persone, natura, relazioni secolari spazzate via senza nessuno scrupolo, un delirio folle finito nell’abbandono e nella devastazione.

P.Z.



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