Dentro l’orrore dei lager il triestino Bruno Weiss compose ottima musica

di ORAZIO LA ROCCA
Comporre musica nei campi di concentramento prima di morire. Trovare l'ispirazione giusta per trascrivere ex novo arie liriche, partiture sinfoniche, canzoni di jazz e di cabaret in attesa delle camere a gas, sotto il peso di atroci violenze fisiche e psicologiche. Impossibile da crederci. Detta così sembra una sorta di una delle tante favole emerse dagli orrori della seconda guerra mondiale. Eppure è tutto vero.
Come dire, c'è "qualcosa" che non è morta nei luoghi di sterminio nazisti, malgrado la furia omicida delle Ss, le camere a gas, le persecuzioni, le atrocità che portarono allo sterminio di circa 6 milioni di ebrei innocenti. È la musica - in tutte le sue forme classica, sinfonica, lirica, jazz, leggera - composta quasi tutta clandestinamente da un manipolo di irriducibili musicisti internati - finora ne sono stati individuati oltre 1600 - che, prima di scomparire nei lager tra atroci sofferenze, ebbero la forza di dare vita a spartiti, arie, opere, componimenti classici e leggeri. Musicisti-eroi rastrellati dalle varie comunità ebraiche europee, Italia compresa, tra i quali anche il compositore triestino Bruno Weiss, uno dei pochissimi artisti che riuscì a scappare da un campo di concentramento; ma anche musicisti nativi in aree vicine come la Slovenia e l'Austria.
Artisti che, dopo circa 70 anni dalla fine della guerra, sono usciti dal tunnel dell'oblio grazie al lavoro di ricerca del professor Francesco Lotoro, pianista, docente del Conservatorio "Giordano” di Foggia, esponente della Comunità ebraica di Trani,una vita dedicata al recupero delle musiche nei lager nazisti, che a ragione definisce «patrimonio dell'umanità» che merita di essere conosciuto dal grande pubblico «sia dal punto di vista morale che artistico».
Tra i 1600 autori internati - racconta il professor Lotoro - c'era anche il maestro ebreo Bruno Weiss nato a Trieste nel 1909 e morto a Silba, in Croazia, il 3 settembre del 1992. Cambiò - con la vana speranza di sfuggire alle persecuzioni naziste - il suo cognome da Weiss a Bjelinski (derivazione della parola Bijeli, che significa bianco in lingua croata). Laureato in giurisprudenza all'Università di Zagabria, successivamente studiò musica all'Accademia di Musica di Zagabria sotto Blagoje Bersa e Franjo Dugan. Durante la Seconda guerra mondiale fu rastrellato e internato in un campo di concentramento delle Ss, ma nel 1943, con l'aiuto di un amico, riuscì a fuggire e si unì ai partigiani sull'isola di Kor›ula. Scrisse opere, balletti, sinfonie, due concerti per violoncello, musiche per pianoforte e altro, molte delle quali concepite negli anni trascorsi nei lager.
Anche la vicina Slovenia ha avuto i suoi compositori-eroi vittime dei nazisti. Tra i nomi più significativi Božida Kantušer, nato a Pavlovci nel 1921 e morto a Parigi nel 1999, come Weiss uscito indenne dai campi nazisti per pura fortuna. Compositore, studiò violino e viola presso la scuola di musica di Celje. Nel 1941 fuggì dai nazisti e riparò a Lubiana, dove studiò composizione con Sre›ko Koporc. Molto impegnato in attività politiche antinaziste, fu arrestato dai fascisti nel 1942 e deportato in un campo di concentramento per Slavi in Italia, dove continuò la sua attività di compositore pur in mezzo a tante difficoltà. Al suo ritorno dal confino nel 1943, fu colpito dal paratifo. Dopo la fine della Guerra si stabilì di nuovo a Lubiana per continuare i suoi studi di composizione con Koporc. Nel 1950 si trasferì a Parigi.
Un altro musicista sloveno internato dai nazisti fu Blaž Arni›. Docente, attivista politico e scrittore, nel 1932 si iscrisse al Partito Comunista di Jugoslavia. Arrestato e imprigionato nel 1934 a Sremska Mitrovica, dove rimase prigioniero per quattro anni. In seguito tornò a Celje, dove nel 1940 fu nuovamente arrestato, e imprigionato a Bileca. Qui scrisse la famosa canzone Bile›anka componendo testo e musica. Nel 1941 si unì ai partigiani jugoslavi in Slovenia. Durante l'occupazione tedesca della Slovenia due suoi figli morirono di stenti.
Tra i musicisti internati ed uccisi ad Auschwitz, l'ebreo austriaco Marcel Tyberg, nato a Vienna nel 1893 e morto nel 1944. Pianista e compositore tra i più geniali della sua epoca, dopo il 1920 la famiglia si trasferì ad Abbazzia (Opatija); nel 1944 Tyberg fu arrestato e internato prima alla Risiera di San Saba e successivamente ad Auschwitz-Birkenau, dove trovò la morte nel dicembre 1944. Scrisse Sinfonie, Sonate e altri grandi capolavori, molti dei quali anche durante i mesi di reclusione.
Lunga è la lista dei nomi e delle musiche composte nei lager - a partire da Auschwitz, ma anche da tanti altri analoghi luoghi di internamento sparsi in Europa e nei vari teatri di guerra nel corso della seconda guerra mondiale -. Una piccola, ma significativa, rassegna di quegli spartiti è stata eseguita alll'Auditorium Parco della musica di Roma in occasione della recente giornata della Memoria e del settantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz nel concerto "Tutto ciò che mi resta - Il miracolo della musica composta nei lager", con la partecipazione straordinaria di Ute Lemper. L'evento - curato dal professor Lotoro - si è svolto sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica italiana ed è stato organizzato da Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese e dalla Fondazione Musica per Roma in coproduzione con l'Accademia nazionale di Santa Cecilia e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane.
I testi e le musiche - alcuni tra i brani più significativi delle opere catalogate e salvate dai lagee e inserite nella monumentale enciclopedia Tesaurus Musicae Concentrationariae curata dal professor Lotoro - sono stati interpretati da un cast di artisti internazionali. Ute Lemper ha contato in maniera suggestiva ed ispirata "Il Tango di Auschwitz", musica scritta da un anonimo compositore ebreo prima di entrare nella camera a gas. L'attore Marco Baliani ha letto la genesi degli spartiti composti nei campi da autori ebrei che, «tra le atrocità del posto, erano costretti dai loro aguzzini ad esibirsi, tra l'altro, per intrattenere i gerarchi nazisti, a comporre musiche originali, molte delle quali furono tenute nascoste, un patrimonio artistico-musicale che solo dopo lunghe ricerche svolte nel dopoguerra, ora possono vedere la luce», spiega Lotoro nel corso dei suoi incontri culturali in giro per l'Italia. Dalle ricerche del professore («Ma c'è ancora tanto da lavorare e da scoprire», è solito ripetere) risulta che gli oltre 1600 musicisti internati composero circa 5 mila le partiture «solo il 10 per cento delle quali finora totalmente recuperate, circa 500 composizioni».
Vale a dire note struggenti concepite da una comunità internazionale di musicisti, in gran parte ebrei, ma anche di altre nazionalità, che nei momenti più bui della seconda guerra mondiale furono in grado comporre musica per "combattere" con le sole note le atrocità naziste e di dare vita anche a decine di formazioni musicali, sia maschili che femminili, come a Birchenau, come ad Auschwitz dove si esibivano contemporaneamente ben sei gruppi, tra cui anche complessi jazz e cabaret.
Il gruppo più noto è forse quello che appare nella storica gigantografia esposta ancora oggi all'ingresso di Auschwitz, «dove i musicisti su ordine degli aguzzini nazisti erano costretti a suonare tutti i giorni per dar vita ad un finto clima di serena accoglienza per l'arrivo degli internati», quegli stessi musicisti che, insieme a tanti altri sfortunati colleghi - conclude Lotoro - «composero musiche struggenti che l'atrocità nazista non riuscì a distruggere e che oggi contribuiscono a ricordarci, con la forza della musica, uno dei momenti più drammatici della nostra storia. Per non dimenticare».
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