Due pasticche di cianuro gli tenevano compagnia a Firenze
In un anno, a Firenze, i Saba furono costretti a cambiare quattordici volte casa. E la figlia Linuccia raccontava che il poeta del “Canzoniere” si rasserenò appena un po’ quando un amico gli pprocurò delle pasticche al cianuro. «Per la verità io ho avuto sempre il sospetto che si trattasse di zucchero - confesserà Linuccia in un’intervista rilasciata al settimanale “Gente” nel dicembre del 1975 -. Comunque capivo papà: piuttosto che avere addosso i tedeschi preferiva morire, uccidersi. E anch’io lo avrei preferito. Piuttosto che essere torturato, di andare in un lager, meglio il veleno: almeno si muore alla svelta. Ne aveva due, di quelle pasticche: una per sé e una per mamma. E questo gli dava sicurezza, rappresentava un rifugio nella morte, se tutto andava male».
Secondo Linuccia, a denunciare Saba era stato «il suo sarto». Fatto sta che a Firenze, i passi del poeta e della sua famiglia in fuga si incrociarono con quelli di altri perseguitati dal regime. Come Natalia Ginzburg, moglie allora di Leone Ginzburg. Ma soprattutto Carlo Levi, lo scrittore che avrà accanto a sé per tutta la vita proprio Linuccia Saba. Anche se lei, ufficialmente, era sposata con il pittore Lionello Zorn Giorni dal 1941. Come testimoniava la carta d’identità, parzialmenbte falsa, rilasciata dal Comune di Firenze del 1943. Da cui risultava che lei era nata a Sassari e risiedeva a Napoli.
Storie che si intrecciano con altre storie. E che fanno di “L’arse argille consolerai”, il libro di Nicola Coccia pubblicato dalle Edizioni Ets (pagg. 299, euro 15) non solo un approfondito e interessantissimo viaggio nella vita e nelle opere di Carlo Levi («Dal confino alla Liberazione di Firenze attraverso testimonianze, foto e documenti inediti», come recita il sottotitolo), ma un vero e proprio atlante della scena culturale e letteraria degli anni del fascismo.
E Nicola Coccia, che ha lavorato nei quotidiani “L’Avanti”, “Il Lavoro” e “La Nazione”, per inquadrare bene la figura di Carlo Levi non può non partire da un posto dimenticato dal tempo e dalla Storia. Il paesino di Aliano, nel cuore della Basilicata, dove il fascismo mandò lo scrittore e pittore al confino nel 1935. E che è assurto a una fama vastissima come scenario di uno dei romanzi più importanti del secondo Novecento italiano: “Cristo si è fermato a Eboli”.
Non stupisce ricordare, e Coccia lo fa, che Mel Gibson abbia scelto proprio questo angolo d’Italia per girarvi nel 2002 il film “La passione di Cristo”. E che prima di lui, nel 1964, Pier Paolo Pasolini vi abbia ambientato “Il Vangelo secondo Matteo”.
alemezlo
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