Ecco le super-Terre i pianeti nostri cugini nella zona di abitabilità

di Fabio Pagan Il cielo stellato non è mai stato tanto affollato. Ormai sappiamo che attorno a quasi ogni stella che vediamo lassù c'è almeno un pianeta, se non un sistema planetario. Questi pianeti...
Di Fabio Pagan
17 Feb 2008 --- This artist's concept illustrates the idea that rocky, terrestrial worlds like the inner planets in our Solar System may be plentiful, and diverse, in the Universe. --- Image by © NASA/JPL-Caltech/Corbis
17 Feb 2008 --- This artist's concept illustrates the idea that rocky, terrestrial worlds like the inner planets in our Solar System may be plentiful, and diverse, in the Universe. --- Image by © NASA/JPL-Caltech/Corbis

di Fabio Pagan

Il cielo stellato non è mai stato tanto affollato. Ormai sappiamo che attorno a quasi ogni stella che vediamo lassù c'è almeno un pianeta, se non un sistema planetario. Questi pianeti sono ancora invisibili ai nostri occhi e anche ai nostri strumenti più potenti. Ma è solo questione di tempo: tra qualche anno i nuovi telescopi che sorgeranno a terra e che verranno inviati nello spazio ci rimanderanno finalmente l'immagine di quei mondi remoti che per ora siamo in grado di individuare soltanto per via indiretta.

Al 7 agosto il catalogo dei pianeti extrasolari (o esopianeti) era arrivato a quota 1942, distribuiti in 1228 sistemi planetari. E migliaia sono in lista d'attesa per le necessarie verifiche. Un bottino incredibile, frutto di una caccia che dura da vent'anni in cui si è passati dalla scoperta di pianeti delle dimensioni di Giove a pianeti paragonabili a quello su cui viviamo. Anche se non possiamo ancora affermare di aver trovato nello spazio un'altra Terra.

Non lo è neppure quel pianeta di cui tanto si è detto e scritto alcune settimane fa grazie a un'efficacissima campagna mediatica della Nasa. Kepler 452b può essere al massimo un "cugino" della Terra. Non ne conosciamo la massa né sappiamo se è un pianeta roccioso o in larga parte gassoso. Sappiamo però che è grande una volta e mezzo la Terra, che il suo anno è appena un po' più lungo del nostro e che ruota attorno a una stella che è parente stretta del nostro Sole. Si troverebbe dunque all'interno di quella "zona di abitabilità" che consente la presenza di acqua allo stato liquido.

A scoprirlo è stato il satellite americano Kepler, che sulla sua orbita circumsolare è puntato dal 2009 verso un fazzoletto di cielo compreso tra le costellazioni del Cigno e della Lira in cui sono catalogate 150 mila stelle. Kepler dà la caccia ai pianeti extrasolari rilevando la flebile diminuzione di luminosità della stella quando il pianeta le passa di fronte. È il metodo dei transiti. Nell'arco di quattro anni - fino a quando un guasto ai giroscopi non ne ha limitato l'attività - Kepler ha accumulato oltre 4600 candidati esopianeti, un migliaio dei quali hanno passato il vaglio di verifiche incrociate da Terra.

Il sogno di trovare altre Terre nel cosmo ha radici lontane. Democrito ed Epicuro lo evocavano 2500 anni fa. Giordano Bruno, nel 1584, scriveva testualmente: "Sono dunque soli innumerabili, sono terre infinite, che similmente circuiscono quei soli…" (ma non è vero, come a volte si dice, che sedici anni dopo sia finito sul rogo a Campo de' Fiori per queste precognizioni celesti).

Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso numerosi sono stati i falsi allarmi su possibili pianeti extrasolari. E nel 1992 ecco spuntare tre pianeti attorno a una pulsar, una stella pulsante in fase terminale. Una bizzarria, si disse.

L'avventura ufficiale dei pianeti extrasolari inizia invece il 5 ottobre 1995 a una conferenza di astrofisica a Firenze: Michel Mayor (allora professore di astronomia all'Università di Ginevra) e il suo giovane collaboratore Didier Queloz annunciano . la scoperta, dall'Osservatorio dell'Alta Provenza, di un pianeta attorno alla stella 51 Pegasi, distante 45 anni luce.

Un annuncio che ha cambiato la storia della planetologia. Perché quel pianeta è grande almeno la metà di Giove (il gigante del nostro sistema solare) e si trova vicinissimo al suo sole. Il suo anno equivale ad appena quattro giorni terrestri. Una mostruosa e infuocata "trottola spaziale". Molte le critiche alla scoperta, ottenuta con una tecnica delicatissima basata sulle minime perturbazioni gravitazionali indotte dal pianeta sulla sua stella madre.

Le contestazioni si acquietano nei mesi successivi, quando altri due giganteschi pianeti extrasolari vengono identificati con la stessa tecnica dagli americani Geoffrey Marcy e Paul Butler, che allora lavoravano al Lick Observatory, in California. Non solo: Marcy e Butler si accorgono che avevano nel loro database anche le informazioni relative al pianeta attorno a 51 Pegasi, ma sono stati battuti sul tempo nell'analisi dei dati dai colleghi-rivali svizzeri. È l'inizio di una competizione serrata a suon di scoperte tra i due gruppi.

Intanto i planetologi hanno dovuto prendere atto che il nostro sistema solare non rappresenta affatto la norma, con i suoi quattro piccoli pianeti rocciosi (Mercurio, Venere, Terra, Marte) più o meno vicini al Sole e i quattro giganti gassosi (Giove, Saturno, Urano, Nettuno) via via sgranati verso la periferia (Plutone, come si sa, dal 2006 è stato declassato a "nanopianeta", capostipite d'una nuova famiglia di corpi celesti che si vanno scoprendo al di là del sistema solare).

Sono stati trovati esopianeti giganti e caldissimi, vicinissimi alla loro stella madre - probabilmente emigrati da orbite remote - ed esopianeti piccoli e gelidi, lontanissimi dalla loro stella. Ora siamo finalmente arrivati alle super-Terre all'interno di quella che consideriamo la "zona di abitabilità". Ma attenzione: che un pianeta sia potenzialmente "abitabile" non vuol certo dire che sia "abitato".

Nei prossimi anni arriverà in orbita una nuova generazione di strumenti per la ricerca degli esopianeti: si chiamano Cheops, Plato, James Webb Telescope. E sulle Ande, a 3000 metri di quota, prenderà forma il mega-osservatorio Elt, l'Extremely Large Telescope. Il suo specchio di 39 metri di diametro è quasi quattro volte quello degli strumenti più grandi oggi esistenti. Un "occhio" ideale per vedere altre Terre, conoscerne la composizione atmosferica, accertare la presenza di clorofilla.

Insomma: cerchiamo pianeti simili alla Terra con la speranza di trovare un nostro "gemello cosmico" su cui sia possibile una qualche forma di vita come noi la conosciamo. Magari fantasticando di poterlo un giorno raggiungere - come avviene nel film "Interstellar" - imbucandoci in un wormhole spazio-temporale per sfuggire a una Terra sovrappopolata e morente.

A ottobre saranno vent'anni tondi dall'annuncio della scoperta del primo pianeta extrasolare. L'occasione ideale perché la Fondazione Nobel decida di assegnare il riconoscimento per la fisica ai "cacciatori di pianeti". Un toto-Nobel? Mayor, Queloz e Marcy. Vedremo.

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