Esce “In the Middle” primo album di Bawrut, da Gorizia a Madrid

Trasferito da otto anni nella capitale spagnola il dj e produttore si è fatto strada nel genere punk. «Cerco di evitare la prevedibilità di tanta elettronica di oggi»
Elisa Russo



«Mi ha fatto bene allontanarmi dall’Italia, avevo bisogno di cambiare aria e modo di pensare. Quando sono venuto in Spagna le cose hanno cominciato a procedere, sempre in meglio». Vive a Madrid da otto anni il goriziano Borut Viola, dj e produttore. Nei 2000 ha avuto una carriera musicale apprezzata con il progetto Scuola Furano, finché ha deciso di ripartire (quasi) da zero con Bawrut «Una piccola modifica al mio nome, per non essere confuso con i già tanti dj sloveni che si chiamano Borut», ora è uscito il suo primo album “In the Middle” (Ransom Note) con ospiti come Cosmo, Liberato, Glitter, Chico Blanco e testi in italiano, spagnolo, arabo, napoletano, incensato dalle riviste di settore (disco del mese e ampie interviste su “Rumore” e “Blow Up”). A Gorizia Borut era conosciuto anche per il tabacchino/edicola di famiglia in cui, per molti anni, sveglia alle 5.45 del mattino, accoglieva i goriziani con un sorriso e vendeva «un sacco di copie de “Il Piccolo”».

«Quasi dieci anni fa mi hanno chiamato a mettere musica per delle feste e sfilate della Diesel a Bassano, così ho incontrato la mia ragazza, spagnola, che lavorava lì. Siamo stati un anno assieme a Gorizia, poi lei ha avuto un’offerta di lavoro in Spagna, le ho detto “vai che in qualche modo ti raggiungo” e c’è stato una specie di miracolo perché cercavo di vendere il tabacchino da una vita senza riuscirci, l’ho accompagnata a Madrid, sono tornato a Gorizia e in quel momento è entrato colui che poi l’ha comprato. Un gran colpo di fortuna. Nel giro di due mesi ero in Spagna». Una serie di congiunzioni fortunate insomma, che mettono Borut nelle condizioni di occuparsi, finalmente, 100% alla musica. «In un anno e mezzo sono riuscito a pubblicare un paio di ep, farli uscire in vinile, attirarmi l’attenzione di un’etichetta che mi ha preso e ha cominciato a spingermi. Da lì ho fatto il Sónar (famoso festival di elettronica a Barcellona) due anni consecutivi, ho suonato in giro per i festival e per i club. Non è stata un’esplosione ma una crescita costante. Oltre alla musica mia mi dedicavo ai remix, alla musica altrui, mille idee, sempre attivo». Il tratto distintivo di Bawrut? «L’attitudine punk ai suoni, magari più sporco e grezzo ma evitando il piattume e la prevedibilità di certa musica elettronica di oggi».

Il primo pezzo firmato Bawrut, “Ciquita” del 2016, diventa culto grazie al passaggio su Radio 1 della BBC, da lì è tutto in discesa, o quasi. Ma arriviamo ad oggi: “In the Middle” è un concept sul Mediterraneo e sul tema delle migrazioni, una parte dei proventi del disco va all’organizzazione umanitaria Open Arms: «Nel 2018 ho cominciato a ragionare su un album, volevo che non fossero canzoni da discoteca, ma una cosa più matura, di ampio spettro musicale. Con un concetto dietro, una celebrazione a Madrid, che mi ha dato la vita. In quel momento Salvini, ministro degli interni, aveva cominciato a chiudere i porti e la trovavo un’infamia, sono rimasto molto toccato. Evitando quello che si chiama con accezione negativa “slacktivism” (cioè quando uno si impegna per le cause online ma in concreto non fa nulla), volevo provare a fare qualcosa con la musica. Allora mi sono focalizzato sul Mediterraneo, ho iniziato a leggere libri come “Mediterraneo Blues” di Iain Chambers, oppure “La frontiera” di Alessandro Leogrande, “Il Mediterraneo” di Fernand Braudel. E ho capito che nel Mediterraneo la globalizzazione c’era già tremila anni fa, il mare è un luogo d’incontro, non di frontiera». —



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