«Finalmente nostro padre è uscito dal lungo oblio aveva seguito la sua strada»

gli interventi
«Vogliamo ringraziare tutti, il museo Revoltella e soprattutto il professore Sgarbi», Marina e Nada Stultus sono visivamente commosse e felici. Sono collegate in videoconferenza via Internet ciascuna dalla propria casa. Alle loro spalle, sulle pareti, si notano quadri incorniciati e oggetti d'arte, chiari segnali di una vita trascorsa accanto a un pittore. «Il professor Sgarbi ha ben inquadrato la vicenda di nostro padre e ha spiegato il perché del suo ingiusto oblio. Lui ha seguito la sua strada mentre la moda andava in un'altra direzione». Vittorio Sgarbi si è soffermato anche sugli autori che negli anni hanno scritto di Dyalma Stultus: Corrado Marsan, Ettore Cozzani e Marina Petronio si sono occupati di Stultus con libri, testi e saggi ma adesso è venuto il momento di completare la dimensione. «Andrebbe fatta una monografia sull'opera omnia dell'artista - ha sottolineato il critico - e questo libro non può che essere uno dei prossimi volumi della bella collana d'arte della Fondazione CRTrieste. Gli artisti triestini hanno molti estimatori locali e l'espressione migliore è proprio questa serie di libri che purtroppo girano soltanto qui ma sono importanti come fossero fatti per pittori toscani o milanesi che hanno avuto più fortuna di mercato». Sgarbi ha illustrato con attenzione il percorso e la fortuna del pittore: «Stultus ha un culto della tradizione, non si concede alle avanguardie e se nella prima parte del Novecento il suo lavoro riceve riconoscimenti, nella seconda metà del secolo scorso viene quasi dimenticato e gli vengono preferiti i pittori alla moda. A lui si può affiancare, per raffinatezza, Bruno Croatto. Sono artisti perdenti che io invece ho sempre studiato e apprezzato in un mio percorso sotterraneo. Le opere di Stultus degli anni Trenta e Quaranta sono dentro alla stagione giusta della figurazione, mentre le opere degli anni Cinquanta e Sessanta confliggono con la sconfitta della figurazione: questo segna l'impossibilità per lui di diventare un artista di avanguardia perché per coerenza non accetta di passare all'astratto e mantiene fede alla sua visione». Sgarbi ha poi ribadito come sia giusto che le opere stiano in un museo, lodando le donatrici e ha suggerito alla direttrice Carlini Fanfogna di valorizzare i quadri appena ricevuti allestendo una stanza Stultus al Revoltella perché si possa ammirare il percorso della grande pittura triestina dalla prima metà del Novecento. «A Firenze - aggiunge Sgarbi - Stultus trova i suoi fratelli maggiori, fratelli di formazione, come Masaccio, Giotto, Piero della Francesca, maestri fondamentali per un artista come lui. E il destino lega Firenze a Trieste con la presenza delle figlie in Toscana e le opere che alla fine arrivano nella città natale del padre. La mia passione privata per Stultus alla fine è diventata critica». A colpire Sgarbi sono soprattutto i ritratti femminili di Stultus: «Aveva una particolare attenzione per il corpo femminile, dipinge donne prosperose e bellissime, ragazze più o meno caste, nel solco di una tradizione italiana vicina a Soffici. In uno dei quadri appena donati, datato 1943, la direttrice riconosce alle spalle della donna raffigurata il viadotto di Barcola. Nelle sue mule triestine c'è anche qualcosa di Balthus. Ma è notevole anche nei paesaggi ben composti e rivela di essere un pittore di primo livello. Qui al Revoltella adesso è raccolta l'intera carriera e si può constatare che il periodo migliore sono stati gli anni Trenta»». Altri artisti triestini da riscoprire? «Forse andrebbero rilanciati Carlo Sbisà di cui io ho comprato dei cartoni, disegni classicheggianti di sette metri per gli affreschi fatti al Museo del Risorgimento, e Sofianopulo. Ma il riconoscimento del valore degli artisti triestini è compiuto: Leonor Fini ha fatto il botto, Nathan cresce, e adesso Asco meriterebbe una mostra». —
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