Gay, matrigne o single tutte le mamme sono belle ed eroiche

Si parla già di trilogia, la “trilogia delle festività”, vera e propria impresa episodica per Garry Marshall (“Pretty Woman”, “Paura d’amare”, “Se scappi, ti sposo”). Dopo “Appuntamento con l’amore” (“Valentine’s Day”) e “Capodanno a New York”, il regista, classe 1934, con “Mother’s Day”collega le sue storie grazie ad una festa, questa volta (dal titolo al film) la festa della mamma. La struttura non cambia: tanti fili narrativi, tutti retti da grandi star, ambientati nello stesso luogo, a un passo dal medesimo giorno. Dopo Los Angeles e New York, ruba la scena un’inedita Atlanta, scelta decisamente meno scontata, affascinante e colorata grazie ai suoi quartieri pittoreschi e ai suoi parchi, luoghi ideali per i numerosi incontri-scontri tipici della coralità. Trama meno complessa, ma medesimo risultato, Marshall è maestro del dramedy, si ride e si piange, un po’ di sana commozione è assicurata. Manca una settimana al “Mother’s Day”. Sandy (Jennifer Aniston) è una donna divorziata con due figli, che non ne vuole sapere che il suo ex marito si risposi. Miranda (Julia Roberts) è la stella di una rete televisiva, e nasconde un segreto. Jesse (Kate Hudson) è una donna felicemente sposata e con un figlio, ma è con sua madre (Margo Martindale) che non va d’accordo. C’è, infine, Bradley (Jason Sudeikis), vedovo e con due figlie. Ma sono tanti i personaggi che ruotano attorno a queste quattro storie, e tutti hanno un solo obiettivo, raccontare l’impatto che le madri hanno nella vita dei loro figli. Un solo tema, che garantisce unità, e le sue mille sfaccettature, come sempre, tra gelosie, menzogne e fragilità. Commedia sentimentale e divertente che punta i riflettori su tutte le madri del mondo, single, in attesa, matrigne, gay, tutte insieme capaci di ricordarci che dentro ogni madre, a suo modo, c’è un piccolo grande eroe. Le storie s’intrecciano, per legame e per le bizzarrie del destino, unite da un filo sottilissimo e dalla forza delle donne protagoniste. Sandy chiede consigli all’amica Jessie, legata a doppia mandata alla madre, con cui non parla da anni a causa del suoi modi troppo conservatori, e con una sorella quasi perfetta (Sarah Chalke). Legami e segreti, perché quella madre non le ha mai confidato di essersi sposata con l’indiano Russell (Aasif Mandvi) e di aver messo al mondo un bellissimo bambino; perché quella sorella non le ha mai detto di essere lesbica. Anche la Roberts ha i suoi, e la giovane Kristin (Britt Robertson) vive le preoccupazione di una qualunque neomamma, ma le sue insicurezze provengono dalla sua infanzia, dal non aver mai conosciuto la sua madre biologica che in realtà tutto il mondo conosce, essendo uno dei volti più noti della tv. Sono sempre le donne a farla da padrone nei film di Garry Marshall, forti e positive, anche se insicure, opprimenti, spaventate, assenti. Lo sguardo è sempre giovane, l’ironia è del tutto odierna, tra social media e selfie, patriottismo e accettazione di chi è diverso, sorridendo di tutto, persino della morte. Scritta a tante mani (da Lily Hollander, Tom Hines, Matt Walker e Anija Kochoff Romano), la sceneggiatura pare quella di una sitcom ben riuscita, e a 81 anni Garry Marshall non ha affatto perso il suo smalto con gli attori, la sua ottima mano da regista. Certo, la formula romantico-familiare non viene rinnovata, ma in fondo è questo che ti aspetti dal regista di “Pretty Woman”. Una favola, una felicità essenzialmente borghese, che non conosce sporcizia e povertà, dove di mamma ce n’è una sola. Garry Marshall è rassicurante, produce un’atmosfera che ti fa sentire a casa, un caldo senso di famiglia. Forse, è merito di quel suo lavorare sempre con le medesime persone, all’interno di set in cui tutti si sentono a loro agio. È così vero che a Hollywood si parla di “fattore Marshall”, regista – tra i pochi – che vuole gli sceneggiatori sul set, per apportare modifiche, per arricchire la storia. Tutto è talmente già visto da sentirsi a casa, ci si aspetta quella piacevole sensazione che regala il “tutto torna” sin dai primi minuti di film. Ogni pezzo del puzzle torna al proprio posto, e alla fine tutti vissero ricchi, felici e contenti. Si può dire, anche questo fa parte del “fattore”.
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